Cinque milioni di pizze al giorno, un miliardo e seicento milioni all’anno
di PAOLO GATTO
“L’Italia è una repubblica fondata sulla pizza”. Potrebbe essere questa una possibile variante, scherzosa ma non troppo, dell’articolo uno della nostra Costituzione. Le cifre stimate dalla Federazione Italiana Pubblici Esercizi (F.I.P.E.), l’associazione leader nel settore delle imprese che svolgono attività di ristorazione, evidenziano numeri importanti sotto il profilo del fatturato e dell’occupazione. Anche i dati forniti dall’Accademia Pizzaioli, l’altra autorevole associazione di settore, tendono a consolidare un concreto ottimismo. In tutta la penisola vi sono circa 42 mila ristoranti-pizzeria e circa 21 mila locali per l’asporto e le consegne a domicilio. Gli impiegati fissi nel settore della sola pizza sono oltre 100 mila. Nel fine settimana trovano occupazione almeno altri 50 mila addetti tra pizzaioli, aiuto-pizzaioli, camerieri e addetti ai tavoli. Per il fine settimana ci sarebbe peraltro bisogno di altri 6 mila addetti che per il momento mancano all’appello. Con una certa approssimazione, molto vicina alla realtà, la composizione etnica degli operatori impiegati nel settore è la seguente: 65 mila sono italiani, 20 mila egiziani, oltre 10 mila marocchini. Sempre secondo l’Accademia Pizzaioli ogni locale produce e vende giornalmente in media 80 pizze su 6 giorni lavorativi ed uno di chiusura per riposo settimanale. Di queste, circa la metà, 240 pizze, vengono mangiate fra il sabato e la domenica. La restante metà viene consumata nei 4 rimanenti giorni feriali con una media di 60 pizze al giorno. Il totale delle pizze preparate e vendute in questi locali ammonta a poco più di 5 milioni al giorno. Moltiplicando questa quantità per 27 giorni lavorativi si arriva quindi a 135 milioni di pizze al mese che moltiplicate a loro volta per 12 mesi equivalgono ad un consumo di un miliardo e 620 milioni di pizze all’anno tra le pizze consumate presso le pizzerie e ristoranti-pizzerie e quelle portate a casa.
I dati forniti dall’Accademia Pizzaioli evidenziano che la pizza preferita dagli italiani è la Margherita, nelle sue varie scelte: semplice o con mozzarella di bufala. Vengono subito dopo le pizze classiche: al prosciutto, ai funghi, la Capricciosa, quella ai carciofini, al salamino, al tonno, in tutte le loro varianti e versioni e, a seguire, le pizze senza pomodoro, denominate “in bianco”, quelle speciali, quelle della casa e quelle locali, che usano, in particolare, i prodotti tipici del territorio. Negli ultimi tempi sempre più gettonate risultano le pizze gluten free. Sul fronte dei prezzi che il consumatore paga abitualmente per una pizza e una bibita in pizzeria si registrano, sull’intero territorio nazionale, isole comprese, notevoli differenze da regione a regione: si va infatti dagli 8,41 euro a Trieste fino ai 19 euro di Roma.
Il settore della pizza è in continua crescita, in Italia e all’estero, ed è così vitale che si rinnova di stagione in stagione grazie soprattutto alla passione ed al talento di tanti giovani pizzaioli capaci di influenzare positivamente l’intero comparto con professionalità, creatività ed energia in felice sintonia con i gusti e con le aspettative dei consumatori.
Tra i pizzaioli emergenti che di continuo rinnovano la vitalità di questo geniale prodotto gastronomico tipicamente “italiano” si sono recentemente distinti Giuseppe Lapolla della Pizzeria “ Serafino e Giovanni” di Cannigione (Arzachena) con la “pizza del contadino” a base di funghi porcini e patate cotte a bassa temperatura, salsiccia e pecorino e Clara Micheli, titolare della pizzeria “Lady Pizza”, a Massa, in Toscana con la pizza Annalì, biga al 70% e impasto grani antichi 30%, a lievitazione mista farcita con crema di pecorino fresco, cavolo nero a cottura sottovuoto con sali bilanciati, coppa piacentina, pinoli tostati. Sono i professionisti come Lapolla e Micheli che tirano la volata dell’attuale, crescente business della pizza italiana.