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    Tutto serve, tutto

    (di Danila Rocca)

    Invidio sfacciatamente chi in tutta sincerità proclama Se rinascessi rifarei tutto quello che ho fatto! Beati! Io invece non so se ripercorrerei metà del percorso nell’identico modo, per l’altra metà ho seri dubbi che potrei ricascare nelle scelte fatte, nei medesimi sbagli. Di una cosa sono certa, se potessi rinascere (tranquilli, e lo dico per chi mi conosce bene, non succederà) dedicherei una anno, due, tre, dopo il diploma o la laurea, a fare il lavoro di animatrice di villaggi turistici. Questi ragazzi che si lanciano in questa impresa, vuoi oggi per mancanza di un altro lavoro, o per passione, o per rafforzare la propria conoscenza delle lingue, e perchè no il proprio carattere e l’impresa del socializzare, sono meravigliosi. Durante tutte le vacanze che ho fatto in questi luoghi di vacanza dove dalle 11 del mattino il gruppo canta e balla la sigla della Compagnia (tipo Bravo, Orange, ecc. tanto per intenderci), il ritmo della giornata è scandito dalla pace del non voler partecipare a niente all’opportunità di integrarsi in giochetti stupidi e per questo svuota-mente, oppure di partecipare al compito preciso che ognuno di loro svolgerà con e per voi. Chi sta alla musica e sceglie la colonna sonora della giornata, chi gioca al pallone e forma le squadre, chi a tennis, chi intrattiene i bambini dando la possibilità ai genitori di staccare la spina per un po’, e la sera li fa ballare cantare e divertire, dopo di che fa cabaret per voi che se ci beccate bene, con loro smaltirete gli stress di troppo e le nebbie di casa. Ecco, io se potessi ritornare Danila dei miei 22/23 o anche prima, riempirei un trolley delle mie cose, saluti e baci alla famiglia, e mi andrei a costruire un pacchetto di esperienze che non potrei fare altrimenti, accontentando la mia necessità di rendermi utile abbinandola alla immensa possibilità di imparare le lingue, al senso di responsabilità, al delicato impegno di lavorare accanto a persone sconosciute, che cambiano spesso, di altre nazionalità, di altre culture, divertendomi pure. Insomma, ragazzi, morale della favola, a vent’anni, buttatevi. Non state lì a pensare ce la farò, ma come si fa senza i piatti italiani, il ragu’ della mamma, e poi il moroso, la morosa, i curriculum che ho mandato a pacchi, e se poi mi chiamano. Provare non costa niente, e anche se il guadagno non fosse chissà che, ma chi se ne frega, scusate. Non c’è nulla che valga quanto una esperienza fatta bene. Partite sicuri, certo, informatevi bene dove andate a sbattere. Ma provateci. Tutto serve, tutto. Anche fare il cameriere con la laurea in tasca. Vi insegnerà che la vita è diversa da quello che pensavate, ma non per questo meno curiosa.

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