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    Commercio elettronico, la frode passa dalla Cina

    di Franco Leonardi

    Il fenomeno è da tempo sotto osservazione: esiste una massiccia frode relativa ad acquisti fatti in Cina via web e fatture di merce volutamente contraffatte per aggirare il dazio doganale.

    Il web è farcito di pagine dove i prodotti cinesi vengono presentati a prezzi molto convenienti e la cui importazione esula il pagamento delle imposte previste per legge.

    Il Ministero del Tesoro spagnolo ha registrato un totale di 69.110 dichiarazioni di importazioni che hanno viaggiato come pacchi postali provenienti dalla Cina dall’inizio del 2016 fino al novembre dello stesso anno, a fronte delle 109.905 del 2015 e le 171.876 del 2014.

    Milioni di pacchi e di lettere arriverebbero quindi in Spagna dalla Cina ma solo una piccola parte di essi verrebbe dichiarata con il pagamento dei dovuti dazi.

    La capacità dei tecnici delle dogane, spiega il sindacato degli operatori del Ministero del Tesoro, è molto limitata e solo al porto di Barcellona sarebbe in grado di controllare il 5% dei contenitori.

    Ma per quanto attiene alle spedizioni che viaggiano per posta e che arrivano da fuori della Comunità Europea a Barajas, i controlli sarebbero nettamente inferiori, tanto da amplificare il fenomeno della frode.

    Mancanza di personale è la motivazione più addotta all’imperversare del fenomeno e la Cina, con questo escamotage, sta letteralmente inondando il mercato mondiale con spedizioni a basso prezzo.


    Gli accordi di reciprocità internazionale tra compagnie pubbliche di spedizioni nacquero con il preciso obiettivo di far fronte alla concorrenza di società private di corriere espresso ma paradossalmente, accelerando il processo di spedizione, hanno favorito la nascita di scappatoie fiscali.

    Lo stesso colosso del web Alibaba cinese ha stretto accordi che hanno portato all’unificazione dei sistemi di elaborazione delle procedure di spedizione dei pacchetti postali.

    Uno studio realizzato dalla Direzione Generale del Mercato Interno EU ha constatato che si registrano meno controlli a livello di dogana per le compagnie statali di quanti non ne vengano eseguiti per gli operatori privati, specialmente per i prodotti esenti Iva riservati alle prime.

    In poche parole tutti gli invii che sono classificati con la denominazione tecnica CN22 (piccoli pacchi del peso fino a 2 kg) che non vengono processati in maniera informatica e quindi non sono sottoposti a regolari controlli, rappresentano una vera e propria frode.

    E a preoccupare il Ministero del Tesoro pare siano più i controlli sulle eventuali contraffazioni che la mancata corresponsione dei dazi doganali; a fronte di informazioni che non mostrano un particolare incremento del commercio elettronico con l’Asia, vi è una totale indifferenza riguardo al fatto che la stragrande maggioranza delle spedizioni extracomunitarie pervengano come CN22.

    Ma non solo, grazie alla presenza su territorio spagnolo di giganti come Amazon e Alibaba che prevedono un pagamento delle tasse sul territorio, molte spedizioni arrivano con la dicitura “magazzino”, simulando quindi la presenza di un punto vendita in Spagna, ignorando così controlli e dazi doganali.

    (NdR a Tenerife invece, la presenza della Dogana dell’Arcipelago garantisce un pagamento “random” dei pacchi che arrivano, molto legato alla fortuna ma anche ai canali di spedizione scelti dalle varie aziende. Meglio informarsi prima con qualche amico già abituato ad acquisti online)

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