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    Un “Omarello” a Puerto de la Cruz (2a parte)

    Foto di Cristiano Collina

    Un “Omarello” a Puerto de la Cruz (seconda parte)

    (diario esistenziale alle soglie della terza età)

    di DAVIDE SELIS

    Cercando una località in cui permanere per il resto della vita, l’obiettivo privilegiato era comunque Santa Cruz, la capitale, per determinati motivi di prudenza, quei motivi che una persona non più giovane deve pur contemplare, come ho scritto nel mio precedente articolo; in aggiunta, io ho sempre vissuto in città medio-grandi e mi sento dunque un “topo di città”: “l’uomo è una creatura, non dell’istinto né della ragione, ma della abitudine”, ci ricordò J.Dewey. Però Santa Cruz mi deluse presto, anche se le riconosco tuttora un certo fascino. Urbanisticamente è compressa tra il mare e la montagna, è impossibilitata a svilupparsi ed appare come una metropoli mancata, una città che non è riuscita a decollare come metropoli pur avendone la vocazione e le ambizioni. Le strade sono quasi tutte in salita, e dunque per le persone anziane (come anch’io sarò, fra centocinquant’anni) è faticosissima da camminare, e poi… la popolazione mi parve subito molto umana, non alienata, epperò estremamente triste, cupa: mi dicono che questa gente si sfoghi solo per carnevale, quanto a gioia di vivere. L’uomo è creatura dell’abitudine, si diceva, ed io vengo dalla gaudente Bologna. Per “noi” è inconcepibile che una grande città abbia pochi ristoranti ed un solo cinema! Un solo teatro (se non sbaglio), e… gente giovane che corre in tuta nei bellissimi viali della rambla (questi viali mi ricordavano quelli di circonvallazione della mia città, senonché a Santa Cruz, come valore aggiunto, non vi sono gli ippocastani ma le palme!) il sabato sera dopo le nove! Mentre a Bologna, perfino negli ultimi anni, anni in cui la crisi economica ha colpito pesantemente questa città di commercianti, la febbre del sabato sera, la voglia di divertirsi e di alienarsi collettivamente la fa da padrona ancora, creando un formidabile contrasto con le austere strade del centro cittadino… Mi fu spiegato ripetutamente: a Santa, la gente si diverte solo per carnevale, e questo spiega un carnevale così esplosivo… Chi mi legge potrà restare meravigliato, se mi ha conosciuto nel mio vissuto bolognese: infatti, sebbene per un certo tempo io pure abbia condiviso le baldorie del sabato sera, che erano anche un mezzo per socializzare, negli ultimi anni della mia vita mi ero ritirato stanco e deluso da questa dimensione superficiale e inautentica, fino a passare dei tranquillissimi sabati sera a non far nulla di diverso dal solito. Ritirarmi in me stesso, in una solitudine balsamica, è stata per me una scelta, soprattutto dopo la fine del mio grande amore. Ma la chiave esplicativa di questa mia apparente contraddizione è molto semplice: io desidero che ci sia il casino, per potermene ritrarre, per valorizzare al massimo la mia tana di intimità: se non c’è un fastidio da cui fuggire, da cui restare riparati, la nostra solitudine perde molto del suo fascino e godimento. Ma torniamo a noi: Santa Cruz fu da me scartata soprattutto perché la percepivo malinconica e deprimente, così come Puerto, che presi a visitare più volte, mi faceva sempre più un effetto galvanizzante…

    (continua)

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