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    La storia della inquisizione alle Canarie – Come operava il Santo Oficio

    schermata-2016-07-07-alle-17-00-15di Ilaria Vitali

    Inquisizione nella storia dell’arcipelago canario.

    La inquisizione nell’arcipelago canario rappresenta il periodo più oscuro e pieno di contraddizioni del lungo percorso storico di una nascente comunità.

    Quella che si stava formando dopo lo sterminio dei Guanches e l’arrivo di una moltitudine razziale era la base della civiltà canaria.

    Il Santo Oficio era a tutti gli effetti un tribunale incaricato della salvaguardia della fede cristiana e dell’autorità della Chiesa.

    Il suo operato avveniva perseguendo qualsiasi dissenso o eresia che potessero rappresentare una minaccia per la religione cristiana.

    L’ inquisitio, vero e proprio strumento giuridico avvallato dal diritto comune medioevale, aveva il potere di incolpare chiunque senza necessità di prove.

    Nel 1199 l’inquisitio incorporò come metodo di interrogatorio la tortura e nel 1224 venne aggiunta la morte sul rogo in una escalation di indubbia ferocia.


    L’inquisizione, nata inizialmente come strumento repressivo per l’eresia catara, venne estesa a più cause in seguito alle diverse minacce che via via la Chiesa riteneva di dover contrastare.

    In Spagna ebrei, mori e cristiani vissero insieme per molto tempo, integrandosi nel tessuto sociale ed economico del regno.

    Fu solo nel corso dei secoli XIV e XV che l’atmosfera di tolleranza cominciò a scemare per effetto di una improvvisa ondata di antisemitismo sviluppatasi in alcune città spagnole come Granada, Toledo, Siviglia, Cordoba e Cadice.

    Le tensioni arrivarono a tal punto che gli ebrei vennero letteralmente espulsi o confinati in quartieri separati dal resto della popolazione.

    Molti di essi emigrarono invece in un luogo dove potevano godere di una particolare tolleranza: il nuovo arcipelago canario.

    Gli scenari che si presentarono in quell’epoca furono due: da un lato la penisola iberica, dove la mano dell’inquisizione cominciava a premere duramente per effetto di una bolla papale (Exigit Sincerae Devotionis) con la quale Papa Sisto IV autorizzò i regnanti a costituire autonomamente i tribunali, e dall’altra l’arcipelago delle Canarie, dove la delicata situazione della costruzione di una nuova comunità richiese un controllo particolare da parte della Corona.

    La inquisizione alle isole Canarie si configurò infatti come una necessità di controllare un variegato tessuto sociale che stava ponendo le basi di una nuova civiltà e si impose inizialmente come collegamento tra la classe politica reggente e la nascente popolazione.

    Molti di coloro che arrivarono nelle isole alla fine del XVI secolo erano ebrei poveri e senza scrupoli che non esitavano a contrarre matrimoni misti, sfuggendo alle rigide regole della penisola.

    Vi erano poi gli indiani provenienti dalle colonie, i cosiddetti “mal convertiti”, e una piccola minoranza superstite di aborigeni, contro i quali pesavano accuse di concubinato e bestemmie.

    Il ruolo del Santo Oficio inizialmente fu di monitorare la situazione affinché non precipitasse portando le isole a una maggioranza di infedeli.

    Così, mentre sulla penisola la inquisizione raggiunse i suoi massimi livelli con la nomina del Grande Inquisitore, Torquemada, alle Canarie si respirava ancora un clima di accettabile tolleranza.

    Questo fino a quando non si scatenò la “caccia alle streghe”, ma di questo ne parleremo nella prossima puntata.

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