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    La medicina veterinaria penalizzata dal real decreto spagnolo 666/2023

    Il 5 marzo i veterinari di tutta Spagna organizzano una giornata di protesta a Madrid e a Las Palmas de Gran Canaria contro il Regio decreto 666/2023 che ingloba nel regolamento per gli animali da compagnia la direttiva dell’Unione Europea circa l’utilizzo degli antibiotici previsto per gli animali da allevamento (UE 2019/6).

    Mentre in Italia, così come in altri paesi dell’Unione Europea, il regolamento dell’UE del 2019/6 si limita agli animali da allevamento e a quelli destinati al macello per il consumo umano, in Spagna le regole sull’uso dell’antibiotico limitato vengono estese alle cliniche veterinarie per gli animali domestici, burocratizzando la somministrazione nel sistema Presvet, un sistema centrale di controllo prescrizioni veterinarie di antibiotici. 

    Negli altri paesi europei la legislazione è adattata al caso delle cliniche veterinarie, in Spagna non si fa nessun distinguo. 

    Ed è così che da gennaio ad oggi, dall’entrata in vigore del regio decreto, si hanno due vittime del sistema: una il veterinario multato con una sanzione  economica di 90.000 euro per aver medicato l’animale da compagnia con il proibito antibiotico e la seconda vittima un cane morto per mancata somministrazione delle cure efficaci. 

    Nasce così l’esigenza di dover limitare l’uso degli antibiotici consentiti negli animali da allevamento per evitare l’assuefazione e, a lungo termine, l’inefficacia dell’antibiotico stesso con gravi ripercussioni nella salute animale e umana. 

    L’Italia è tra i paesi che più consuma antibiotici nella professione medica. 

    Spagna uguale, ma mentre in Italia il ministero della salute, nei mesi precedenti l’entrata in vigore, ha consultato veterinari ed esperti, in Spagna il ministero dell’agricoltura, compente in materia, non ha consultato nessuno. 

    Ciò è quanto denunciano i collegi veterinari di tutta Spagna. 


    Nel mese di febbraio uno stop simbolico di un’ora in tutte le cliniche veterinarie spagnole ha fatto sì che la gente iniziasse a conoscere il problema. 

    A fine febbraio la morte di un cane al quale non è stato somministrato l’antibiotico efficace ha iniziato a sollevare proteste e malessere tra i medici e i proprietari di animali domestici. 

    I veterinari non hanno più sicurezza giuridica, sono professionisti che si vedono impossibilitati nell’esercizio della loro professione alla distribuzione, prescrizione e somministrazione di medicine veterinarie una volta visitato un paziente.

    Il presidente del collegio veterinario di Santa Cruz Maria Luisa Fernandez ha anticipato alla stampa le richieste che avanzeranno il 5 marzo al ministro dell’agricoltura: “Ciò che chiediamo è adattare la legislazione agli animali da compagnia” esattamente come fatto negli altri paesi. 

    Non ci permettono di lavorare con libertà, andiamo incontro a multe milionarie per salvare la vita degli animali da compagnia”.

    Il decreto limita la professionalità dei veterinari, la mortifica, favorendo un criterio amministrativo a quello scientifico nella scelta dell’antibiotico da somministrare. 

    I veterinari dichiarano che è imprescindibile assicurare un controllo sugli antibiotici usati e da usare, che il sistema presvet deve essere introdotto con tempistica più lunga, farlo precipitosamente, come impone la legge, comporta disattendere i pazienti nella clinica per burocratizzare un controllo. 

    Considerano che ovviare a un antibiotico di certa efficacia per un cultivo opzionale tarda la medicazione ed il paziente potrebbe morire. 

    Come di fatto è successo. 

    Il veterinario si vede nell’incresciosa situazione di dover scegliere se affrontare multe milionarie o rispettare la legge e vedere il paziente soffrire. 

    Veniamo a qualche caso concreto e a che problema si riferiscono i veterinari quando contrastano il regio decreto che ha generato questo clima di incertezza e condanna: 

    1. Doxiciclina: la doxiciclina è un antibiotico utilizzato come terapia iniziale nella dirofilariosi canina per eliminare la Wolbachia, un batterio Gram-negativo mutualistico con la filaria. Il suo utilizzo per questa particolare patologia non è contemplato nella scheda tecnica, come invece avviene per altre patologie come la rickettsiosi. Inoltre, la doxiciclina è utilizzata nei trattamenti immunomodulatori per malattie autoimmuni come la pododermatite linfoplasmacitaria felina o come adiuvante nei casi di lupus, in assenza di un’infezione batterica sottostante. Questo uso off-label è necessario per un trattamento corretto, ma è in conflitto con le normative vigenti. Ciò costringe i veterinari a giustificare scientificamente ogni caso, esponendosi a sanzioni che possono arrivare fino a 1,2 milioni di euro.
    2. Osteoartrite canina: i farmaci per uso umano, come gli inibitori selettivi della COX-2, sono opzioni sicure ed efficaci per il trattamento dell’osteoartrite nei cani, ma le normative ne limitano l’uso senza offrire valide alternative.
    3. Cefazolina in chirurgia: nonostante la sua efficacia nella profilassi chirurgica, il suo uso per via endovenosa è limitato dalle normative, rendendo difficile prevenire le infezioni postoperatorie.
    4. Marbofloxacina e prescrizione a cascata: la normativa impone l’uso di determinati antibiotici di base anche quando esistono opzioni più sicure ed efficaci, lasciando i veterinari in una situazione di impotenza legale.
    5. Infezioni urinarie e mancanza di opzioni: la restrizione degli antibiotici essenziali costringe i veterinari a ricorrere a trattamenti più aggressivi e meno appropriati, danneggiando la salute degli animali.
    6. Carenze e caos nella prescrizione di Amoxicillina-Clavulanato: con 39 diverse formulazioni e nessuna standardizzazione, le normative complicano la prescrizione e l’aderenza al trattamento.
    7. Antibiotici a lungo termine: le normative impongono ostacoli, come l’esecuzione preventiva di antibiogrammi, all’uso di antibiotici essenziali per animali difficili da gestire, come i gatti nelle colonie randagie e gli animali selvatici, mettendo a rischio la loro salute.
    8. Mancanza di antibiotici del gruppo D (Crudence): la scarsità di opzioni limita la capacità dei veterinari di applicare una terapia antibiotica responsabile ed efficace. Solo 2 dei 37 antibiotici del gruppo D, quelli di uso preferenziale, hanno formulazioni iniettabili per animali domestici.
    9. Oppioidi e dolore negli animali: il divieto imposto ai veterinari di somministrare buprenorfina, un medicinale essenziale per il trattamento del dolore nei gatti affetti da gengivostomatite, costituisce un attacco al benessere degli animali e contraddice direttamente la legge sul benessere degli animali.

    Per il momento alla luce dei due casi e in prospettiva di altri, l’organizzazione collegiale veterinaria (OCV) ha chiesto una moratoria, una sospensione, affinché si abbia il tempo di rivedere il contenuto del decreto e modificarlo viste le sue reali disastrose e tragiche conseguenze pratiche. 

    Anche perché fanno notare i veterinari un sistema di controllo sui medicinali somministrati è già vigente, si chiama Esuavet (sistema di vigilanza del consumo di antimicrobici). 

    Non si capisce bene dunque quale possa essere la volontà principe che ha favorito il real decreto contro i principi stessi della legge del benessere animale e contro la categoria dei medici veterinari, gli unici responsabili e competenti per tenere sotto controllo le malattie zoonotiche. 

    Il real decreto sostanzialmente limita i trattamenti disponibili per le cure agli animali e, paradossalmente, così formulato, mette a rischio la salute dell’intera popolazione perché restringendo la possibilità di sanare si  potrebbe favorire il propagare di una malattia. 

    Inoltre queste misure potrebbero rendere i trattamenti più costosi, limitando le opzioni terapeutiche e può infine causare il peggioramento di malattie altrimenti prevenibili. 

    Inoltre, la mancanza di flessibilità nelle prescrizioni aumenta la sofferenza degli animali, il che va contro l’impegno etico della professione veterinaria e la stessa legge sulla protezione dei diritti e del benessere degli animali.

    Tutto ciò stupisce ancora di più se si pensa al clima attuale, un momento di alta sensibilità verso gli animali da compagnia, dichiarati esseri senzienti, da far chiedere la riduzione dell’iva sui prodotti veterinari e la diffusione nelle farmacie del farmaco generico ad uso veterinario. 

    Un controsenso della legge. 

    E non si capisce come si arrivi ad estendere un regolamento per gli animali da fattoria a quelli domestici senza prevedere le oggettive differenze. 

    Non si riesce a capire come ancora una volta nelle decisioni a tema di salute pubblica si eviti di coinvolgere la medicina veterinaria, viene infine da chiedersi se i legislatori sanno cos’è in realtà One Healt. 

    Giovanna Lenti

     

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