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    Ma che succede al PP: non vuole guidare la Spagna?

    La politica spagnola ci lascia a volte stupiti per i suoi sistemi di controllo parlamentare, per la sua particolare voglia di bipolarismo.

    Così ci ha abituati, per esempio, negli ultimissimi anni allo strumento della “mocion de censura” una mozione di sfiducia che ha al suo interno la dichiarazione di uno sfidante come diretto candidato alla presidenza del consiglio e in più il carattere di continuità legislativa.

    Spieghiamo meglio.

    La mozione di censura è prevista dall’articolo 113 della Costituzione spagnola ed è lo strumento per cui la decima parte dei membri del congresso può presentare un candidato a presidente come alternativa all’attuale in carica.

    Ci sono dei procedimenti da seguire, dei tempi da rispettare ma l’importante è che una volta presentata una mozione il presidente del governo non può sciogliere le camera dei deputati né indire nuove elezioni.

    Potrebbe dimettersi per non andare incontro ad un voto che potrebbe sfiduciarlo. Perché quello che comporta una mozione di sfiducia approvata è l’immediato e diretto scambio nella gestione del governo.

    Senza passare per le elezioni una mozione di sfiducia potrebbe ribaltare la compagine governativa. Cosa che di fatto è  stata scongiurata nella comunità autonoma di Madrid: Cifuente, allora governatrice, si dimise a mozione di censura presentata.

    Le dimissione hanno attivato il protocollo di nuove elezioni e il PSOE, candidato per la mozione di sfiducia non è diventato il governatore della comunità di Madrid. Ovviamente questo succede quando si fiuta aria di “mozione approvata”.


    La mozione di censura  deve ottenere la maggioranza assoluta della camera di deputati, se viene accolta il governo è obbligato a rassegnare le dimissioni.

    Il re successivamente nominerà il promotore stesso della mozione di sfiducia come presidente incaricato di formare il governo e si continuerà con la legislatura. Esattamente come accaduto nel 2018 con Sanchez sfidante di Rajoy.

    Numerose volte si è ricorso allo strumento della mozione di sfiducia soprattutto nelle comunità autonomiche, Canaria ha promosso due mozioni, la più litigiosa è invece la catalogna ben 4 le volte che utilizzato la mozione di censura.

    Al congresso dei deputati invece solo cinque volte due delle quali per lo stesso presidente del consiglio, Mariano Rajoy che detiene anche il primato di avere ricevuto l’unica accolta. Le precedenti tutte rigettate.

    Cosa ha di particolare interesse questa mozione rispetto alle altre?

    Il fatto che nel panorama politico spagnolo sia entrato in scena un partito di destra e che questi faccia una mozione di sfiducia con un carico numerico, insufficiente, ma politicamente rilevante, di 54 parlamentari. 

    Dopo la fine del franchismo un partito politico di destra siede nel parlamento. Situazione che non dovrebbe causare stupore in una democrazia assodata se non fosse per il fatto che il ruolo di destra era stato con moderazione rappresentato finora dal PP.

    La presenza ingombrante di Vox mette adesso in discussione la vera identità del Partito Popolare. A poco vale la dichiarazione del suo segretario, Casado, nel dire che non hanno parlato della mozioni in segreteria politica né la contemplano, perché in realtà si che se ne è parlato.

    La mozione è diretta a Sanchez, ovviamente, ma le ripercussione sono per il PP. Il fatto che sia proprio Vox a presentarle apre scenari di dibattito infinito sulle opportunità politiche e strategie elettorali dei partiti di opposizione.

    Contrari all’indirizzo politico del PSOE, che appare non inclinato ma addirittura sdraiato all’estrema sinistra guardando agli indipendentisti anti monarchici, i partiti di opposizione dovrebbero per logica conseguenza votare si alla mozione presentata da Vox.

    Perché Casado non ha dichiarato il voto favorevole ad una mozione che non avrà comunque i numeri per consegnare il paese ad Abascal e di fatto a Vox?

    Sembrerebbe logico appoggiare questa mozione, opportunistico quasi, non ci sono rischi di immagine dato che il capitano della mozione perderà.

    Il PP avrà l’opportunità di raccogliere e raddrizzare il tiro successivamente. Magari una guida, non esagerata e drastica ma più morbida vedrebbe la luce. Magari come accaduto con Iglesias, fra un anno a presentare la mozione sarà proprio Casado visto come naturale leader del centro destra in opposizione alla variegata formazione politica che guida ora il PSOE.

    Cosa significa appoggiare la mozione di sfiducia? Innanzitutto che le forze di opposizione convergono su tempi di politica interna, cosa già abbastanza importante in periodi di fermento indipendentista.

    Ci sarebbe poi anche una identità di vedute e di intenti in politica estera, cosa assolutamente favorevole per un governo di lunga durata e di peso in Unione Europea. Ma a quanto pare Casado non vuole fare il passo.

    Votare no e dichiararsi, così, contrari alla mozione significa, da un punto di vista politico, isolare  escludere ed emarginare un partito politico dalla rappresentanza istituzionale.

    Come se gli unici garanti della democrazia fossero quei partiti che appoggiano le linee guida della maggioranza di governo. Che opposizione si fa e a cosa si fa opposizione?

    Il risultato negativo della mozione rappresenterà davvero l’emarginazione di Vox?

    Costituirà un ridimensionamento dell’influenza politica di Vox in Spagna?

    Il rischio che probabilmente si intravede è quello di interrogarsi non sulla necessità di un partito come Vox ma sulla necessità del Partito Popolare.

    Se non prende in mano il destino politico liderando le forze di destra, rendendole abituali e smussando le contestazioni facili e populiste per un comportamento più governativo e filo istituzionale, il Partito Popolare dovrà ripensare se stesso. 

    Il PP dovrà riformularsi non solo dopo  il dubbio (o certezza) di essere il partito della corruzione ma dovrà riformulare se stesso per definire la sua utilità sociale nello scenario politico.

    Giovanna Lenti

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