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    TUTTI AL MARE, the day after visto da vicino

    Foto di Cristiano Collina

    Il trauma di tutte le certezze quotidiane sparite in “puff” potrebbe lasciarci un dono molto grande e piccoli segni si vedono all’orizzonte, dureranno?

    Basta aspettare.

    Ho visto episodi di umanità bellina nella cosiddetta fase 1.

    Ho visto vicini che mai si sono parlati intrattenersi in lunghi pomeriggi di chiacchiere al balcone.

    Ho visto un giardino improvvisato in uno sterrato, fatto da genitori e bambini felici di ritrovarsi per strada e ho letto di un buco dell’ozono in parte richiuso e di delfini a riva, cervi e cigni dentro le città a passeggio.

    Ho visto cadere barriere di indifferenza, persone chiedersi potesse salvarsi qualcun altro, prendere il telefono in mano e offrire aiuto.

    Il lockdown è stato come il Bignami a scuola: ha riassunto gli elementi essenziali dell’epoca in cui viviamo e i dati che emergono sono essenzialmente due:

    1) Lo stato non esiste se non quando deve farci un bel televisore piantando le chiappone grasse sul lunotto posteriore delle auto blu dedicato alle decine di migliaia di piccoli imprenditori caduti che non si rialzeranno, dei matrimoni cui il lockdown ha dato il colpo di grazia, dei bimbi nevrotizzati, degli anziani morti come cani per assenza di strutture sanitarie adeguate.


    2) Abbiamo la  possibilità di essere meno deboli se per caso decidessimo di ridare una chance all’empatia e all’agire collettivo, probabilmente la unica strada rimasta per essere contemporaneamente più felici e meno indifesi in un mondo meno sporco e velenoso.

    Restando l’ottimismo di genere del “ANDRA’ TUTTO BENE” una nauseante pantomima di una fiducia sempre e comunque malriposta nella tendenza inerziale delle cose a scivolare verso soluzioni naturali, ripiegherei su una versione di ottimismo un poco meno edulcorata e improbabile, ma non impossibile.

    Potrebbe ancora andare tutto molto meglio di come va, se di questa esperienza ci restasse la consapevolezza che da soli siamo perduti, e il pensare collettivo, l’agire collettivo, il ridimensionare la nostra invadenza di specie minuscola e aggressiva, potrebbe scaldarci la vita, aggiustare il cielo e far tornare a riva i delfini.

    Non sono un’ottimista ma spero che non tutti ci limiteremo a cancellare dalla memoria quello che è successo il più presto possibile.

    Claudia Maria Sini

     

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