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    Affitti turistici alle Canarie, nuovo decreto governativo

    Il Gobierno ha reso pubblico il nuovo decreto relativo agli affitti turistici alle Canarie, presentandone la bozza che, come era da prevedere, non ha mancato di suscitare polemiche.

    Il nuovo decreto limiterebbe gli affitti turistici alle zone residenziali, pur consentendo ai diversi cabildos e ayuntamientos di stabilire eccezioni, cosa che ha scatenato l’indignazione di Doris Borrego, presidente della Asociación Canaria del Alquiler Vacacional, che avrebbe ironicamente affermato che il settore che rappresenta, in caso di aumento del prezzo degli affitti, sarebbe un comodo capro espiatorio.

    La Borrego, che critica aspramente anche le modalità spicce con cui il Governo avrebbe informato la sua associazione, è del parere che il nuovo decreto normativo sia di fatto illegale, restrittivo e in grado di stimolare eventuali attività illecite; dopo quattro sentenze del Tribunale che hanno confermato che l’attività degli affitti, essendo rivolta al settore turistico, è su suolo turistico che dovrebbe svolgersi, il Gobierno decide di incorrere nuovamente in una normativa che, nonostante l’inserimento della concessione ai cabildos di stabilire delle eccezioni, di fatto non cambia il divieto originario.

    Più diretto invece Domenico D’Eliso, vice presidente dell’Associazione delle agenzie immobiliari del sud di Tenerife, che avrebbe dichiarato che il nuovo decreto governativo sarebbe stato forgiato secondo i dettami di Ashotel, la categoria più colpita dal fenomeno delle case vacanza.

    Ma al di là delle polemiche, a cosa porterebbe il nuovo decreto?

    In breve, se un consiglio comunale desidera consentire lo sviluppo dell’attività delle case vacanza nella propria area turistica, per effetto del nuovo decreto sarà possibile procedere, ma solo se tutto il Cabildo insular è d’accordo.

    In caso di disparità con le corporazioni locali, prevarrà la decisione dei cabildos, per gerarchia urbanistica.

    Obiettivo del tanto discusso decreto, afferma l’assessore regionale al Turismo Castellano, è di aiutare a garantire l’accesso alle case ai residenti, di scommettere sulla sostenibilità e la qualità e di evitare la crescita disordinata del territorio, sempre nell’ambito di competenza, ovvero il turismo.


    Il fenomeno degli affitti di case ai turisti, precisa, non si è sviluppato in maniera omogenea nelle varie isole e nei diversi comuni dell’Arcipelago, per tanto la soluzione proposta dal Governo deve essere flessibile per consentire ai consigli comunali di adottare, attraverso gli strumenti di pianificazione che sono loro propri e nell’esercizio delle rispettive competenze, un’applicazione personalizzata della norma.

    Oltre a definire le aree in cui è possibile sviluppare la casa vacanza, i comuni e i municipi possono anche includere degli standard di qualità; allo stesso modo il progetto include la necessità di rispettare gli accordi collettivi anche in riferimento ai lavoratori del settore, stabilendo altresì le attrezzature minime di cui gli alloggi devono essere dotati e gli standard minimi da soddisfare.

    Ad esempio, precisa Castellano, in ogni momento il proprietario dell’alloggio deve essere raggiungibile sia per il turista che per la comunità.

    Questo nuovo decreto sostituirà quello di maggio 2015 che di fatto proibiva gli affitti di case vacanza in zone turistiche senza alcuna eccezione, e il testo è in attesa di giudizio da parte della Corte Suprema, che già in precedenza si era espressa al riguardo, avvertendo chiaramente che l’attività ricettiva, data la sua stessa natura, non poteva essere limitata alle aree residenziali.

    In attesa della risoluzione della Corte Suprema, l’esecutivo regionale è tornato a includere questa premessa con l’unica differenza che, a decidere sulla sua applicazione, saranno ayuntamientos e cabildos, entità che saranno in grado di autorizzare la locazione privata di proprietà residenziali in aree turistiche se ritenuto opportuno.

    Insomma, affittare in zone turistiche non si può, ma se tutti sono d’accordo, e per tutti vale il giudizio del Cabildo insular, allora si può eccezionalmente procedere ad estendere l’attività anche nelle zone off limits, vale a dire turistiche e quindi caratterizzate dalla presenza di alberghi e hotel.

    Castellano ha negato che vi sia, a tal proposito, un cosiddetto vuoto giuridico e ha aggiunto che, in ogni caso, occorre attendere la sentenza della Corte Suprema, ma per molti la libertà fornita alle autorità municipali non è che un modo del Governo per passare una bella patata bollente.

    Del resto come gestire la penuria di alloggi a prezzi accettabili per la popolazione e nel contempo le rimostranze di un comparto, quello alberghiero, che traina tutta l’economia dell’Arcipelago?

    La verità è che circoscrivere questa attività alle aree residenziali, farà aumentare ancora di più i prezzi degli affitti degli alloggi situati in queste ultime, ma secondo Castellano il decreto contribuirà allo sviluppo sostenibile del turismo, minando qualsiasi argomentazione che sia ingiustamente riferita a favore del comparto alberghiero.

    Proprio dall’Ayuntamiento di Arona è stato sottolineato che il decreto dovrebbe essere limitato alle aree turistiche, in particolare quelle in cui questa tipologia di ricettività possa rappresentare un valore aggiunto e non una sottrazione di diritti dei cittadini.

    La Corporación del sur è convinta che questo nuovo decreto trasferirà il fenomeno delle case vacanza in affitto a zone residenziali, nelle quali i residenti si troveranno di fronte a prezzi inaccessibili, mancanza di tranquillità ed una condivisione forzata di spazi comuni.

    Ma qual è l’impatto reale sui prezzi?

    Secondo il portale immobiliare Casaktua, un appartamento situato nel centro cittadino che oggi ha un mutuo di 420 euro al mese, viene affittato per 650-750 euro e quelli con mutuo a 350, vengono affittati a 500-550 euro.

    Un inquilino su dieci ha subito un aumento dell’affitto mensile in un range tra i 50 e i 100 euro, cosa che ha provocato la fuoriuscita di molti di essi per impossibilità di affrontare i nuovi prezzi imposti dai proprietari.

    Una conseguenza al fenomeno è che la maggior parte delle società immobiliari dell’isola sta incoraggiando i propri clienti a comprare ma le difficoltà nell’accedere oggi ad un prestito, per effetto di bassi salari e di eccessiva precarietà del mercato del lavoro, impediscono la chiusura di molte operazioni.

    In buona sintesi, l’unica opzione per gli isolani è l’affitto.

    Secondo lo studio effettuato da Casaktua, il 20% di coloro che intendono cambiare residenza aspirano all’acquisto, rispetto al 24% che invece prevede di pagare un affitto.

    Oggi l’affitto turistico rappresenta circa il 10% della offerta di alloggi delle isole, una cifra che si mantiene stabile dal 2010 secondo gli studi realizzati dalla Consejería, che sottolinea altresì che l’offerta abitativa è cresciuta del 5,8% dal 2016 al 2017, fino ad un totale di 31.675 alloggi che, tradotti in posti letto, è di 131.000.

    Con il progetto del nuovo decreto governativo di fatto l’Arcipelago è in contro tendenza rispetto alle decisioni prese da Palma de Mallorca, Amsterdam o Parigi, dove si sta proibendo l’attività nelle zone residenziali al fine di facilitare l’ingresso negli alloggi ai cittadini.

    Alle Canarie accade il contrario.

    Le novità del decreto riguardano anche il limite di possedimenti per il proprietario che intende beneficiare della normativa: se infatti sono coinvolte 3 o più proprietà, il proprietario è considerato intermediario turistico.

    Al fine di monitorare tutte le attività di affitto case vacanza, viene stabilito un modus operandi basato sulla collaborazione telematica inter amministrativa tra i vari Cabildos mentre per la pubblicità sono stati stabiliti i dati obbligatori nella promozione degli alloggi, quale ad esempio il numero di iscrizione della proprietà nel registro turistico generale delle Canarie.

    Il testo, che ancora non è definitivo, sarà sottoposto ad un periodo di affissione pubblica di un mese, durante il quale tutte le associazioni e le organizzazioni potranno presentare obiezioni, per poi passare attraverso i vari dipartimenti dell’Esecutivo e del Consiglio Consultivo, al fine di essere quindi approvato definitivamente dal Consiglio Direttivo nel giro di 4 o 5 mesi.

    Ilaria Vitali

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