Racconta una leggenda di come le Canarie furon create dalle figlie di Re Atlante e Platone conferma questo nei suoi Dialoghi.
Le isole facevano parte di Atlantide, il Continente scomparso?
Questo non è dato sapere ma per gli Antichi furono sede dei Campi Elisi, erano anche chiamate figlie della notte perché ad Occidente Vespero, pareva il carro del Sole inabissarsi in mare.
Data la collocazione delle Canarie oltre le Colonne d’Ercole, si deve attendere tempo per aver notizie certe e le Isole Fortunate continuavano ad essere avvolte dal mistero alimentato anche dal loro clima eternamente primaverile.
Pare vi approdaron Fenici ed Egizi pur difettando notizie certe in merito.
Re Giuba di Mauritania vi spedì un contingente con scopi pacifici ed è proprio Plinio il Vecchio a scrivere una relazione giunta sino a noi dove si riferisce la presenza di grossi cani i quali, portati di fronte al Re lo impressionarono al punto da donare il nome all’arcipelago.
Durante il Medioevo non si parlò di quelle isole come non si parlò di molte altre cose e le superstizioni non favorirono di certo viaggi e conoscenze, oltre le Colonne d’Ercole vi era il Mar Tenebroso popolato di mostri marini.
Questi, per sommi capi, i motivi per i quali non si parlò più di isole Canarie fino alla fine del XIII secolo, quando mercanti ed esploratori cominciarono a mettere da parte leggende e superstizioni.
Le prospettive di guadagno incoraggiavano i viaggi oltre le Colonne d’Ercole per raggiungere le Isole Fortunate.
Gli abitanti nativi delle Canarie si presentarono ai primi esploratori come popolazioni dell’età della pietra, descritti come persone di bell’aspetto, castani e talvolta anche biondi, generosi e miti ma coraggiosi e decisi soprattutto se veniva messa a repentaglio la loro libertà.
Essi non conoscevano la navigazione e si procuravano rudimentali armi lavorando pietre ed ossidiana.
Coltivavano grano e orzo per produrre il “gofio” una specie d’impasto simile ad una polenta “ante litteram”.
Questi nativi furono chiamati Guanci.
Tra i primi a sbarcare alle Canarie, pare pur senza notizie certe, vi furono i fratelli Vivaldi di Genova, che pare avessero circumnavigato l’Africa prima di Magellano non riuscendo più a far ritorno, si prende a prova il nome dell’isola di Alegranza uguale a quello di una delle navi dei Genovesi.
Come dato certo si assume lo sbarco a Lanzarote dell’italiano Lancellotto Malocello che dette il nome all’isola.
Lancellotto…Lanzarote.
Altri italiani dai nomi suggestivi e simpatici portarono le loro prue verso quelle acque, citiamo velocemente dalla narrazione di Giovanni Boccaccio: Niccoloso da Recco, Antoniotto Usodimare ed Alvise da Mosto.
Il 1402 è la data che segnò però la conquista dell’arcipelago da parte di Jean de Bethencourt, il quale si impose facilmente su Lanzarote, Fuerteventura, El Hierro e Gomera.
Nel 1483 Gran Canaria venne conquistata dai re cattolici.
Alfonso de Lugo sotto la bandiera spagnola sbarcò a La Palma nel 1493 e fondò la città di Santa Cruz.
Anche Tenerife fu conquistata ma gli spagnoli subirono una sconfitta epocale in una località ancora oggi chiamata la Matanza de Acentejo, anche se poi Tenerife capitolò il 25 luglio 1496.
Il nostro grande navigatore genovese Cristoforo Colombo il 7 settembre 1492 partì dal porto di San Sebastian de la Gomera per le Indie Occidentali, scoprendo invece il Nuovo Mondo.
Molti anni dopo, mentre i galeoni spagnoli tornavano in patria dal Nuovo Mondo carichi di oro, le Isole Fortunate vennero frequentate da navi pirata francesi, inglesi e olandesi che tendevano agguati al naviglio spagnolo e portoghese.
Nel 1566 gli Inglesi, stabiliti in forte presenza a Santa Cruz de Tenerife, fondarono la compagnia delle Canarie nella speranza di monopolizzare il commercio dei vini ivi prodotti ma senza sortire l’effetto voluto.
Tra gli eventi recenti ricordiamo la proclamazione del regime di “porto franco” nel 1852 e la contesa per la capitale tra Tenerife e Gran Canaria conclusasi nel 1927.
Vogliamo però qui parlar un poco del nostro grande navigatore e connazionale Cristoforo Colombo.
Oltre a citare le soste su questa piccola isola per rifornirsi di acqua e derrate alimentari e la leggenda non verificata di come Colombo si fermasse a “rendere visita” alla moglie del governatore dell’isola il quale doveva ahimè “far finta di niente” vista la grande importanza dell’illustre ospite, vogliamo qui raccontare di come Colombo fosse davvero un eccezionale acuto ed abilissimo navigatore facendo un giro un poco largo.
Nella Firenze dei Medici iniziava quel magico ed irripetibile periodo in cui arti e scienze fiorirono oltre l’immaginabile in relativamente pochissimo tempo e l’astronomo Paolo dal Pozzo Toscanelli installò in Santa Maria del Fiore una meridiana a camera oscura che ancora oggi con i suoi oltre 90 metri di altezza è la più grande del mondo.
Questo illustre astronomo, matematico e tracciatore di carte geografiche fu consigliere ed ispiratore di Cristoforo Colombo e pare sia proprio grazie ad errori involontari dell’insigne uomo di scienza se Colombo intraprese il viaggio di scoperta, infatti il Toscanelli commise alcune inesattezze nelle rappresentazioni cartografiche e valutò la Terra più piccola di quanto in realtà non fosse.
Nessuno potrà mai chiarire se Colombo intraprese la sua incredibile impresa proprio per questo errore di valutazione involontario del suo consigliere.
Importantissimi i contributi di Cristoforo Colombo all’arte della navigazione, scoprì e perfezionò la correzione per la declinazione magnetica.
Si tratta di un fenomeno variabile, a seconda dei luoghi per il quale l’ago bussola non punta al Polo Nord geografico bensì ad una zona distante da esso, la conoscenza del fenomeno consente l’applicazione di una correzione e quindi di guidare in modo sicuro la nave in mare.
Ebbene, il 13 settembre 1492 alla sera, Colombo si trovava a circa 300 leghe dalle isole Canarie; egli osservò che l’ago, invece di puntare la Stella Polare puntava per 5°/6° gradi a Nord Ovest e, controllando con attenzione quell’angolo, il Sommo Navigatore notò che il fenomeno aumentava col procedere del naviglio verso Ovest.
I suoi marinai furono spaventatissimi da questo fenomeno perché temevano d’inoltrarsi in un mondo dove la vitale proprietà dell’ago magnetico veniva meno, rendendo impossibile il ritorno, Colombo riuscì tuttavia a calmare gli equipaggi inventandosi una spiegazione di comodo, ossia affermando di come anche la stella di Tramontana (così veniva a quei tempi chiamata la Stella Polare) si muoveva mentre gli aghi rimanevano fissi.
Colombo scoprì anche di come la declinazione magnetica varia di luogo in luogo e proprio usando luoghi ove questa linea restava costante venne tracciata la famosa linea del trattato di Tordesillas, del 7 giugno 1494, trattato che fissava e regolava le zone d’influenza spagnola e portoghese.
Ora, credo sia emozionante dedicare un attimo e leggere il momento in cui la spedizione di Colombo, partita da La Gomera avvistò la Terra del Nuovo Mondo.
Questa fase è descritta dal Capitano Vincenzo Gaggero con grande maestria: “sono le ore 2 A.M. di venerdì 12 ottobre 1492, Rodrigo de Triana, vedetta della Pinta abbarbicato sul castello anteriore della caravella, bagnato ed intriso di salsedine, teme di finire in mare, ma scruta attentamente innanzi.
Un’onda solleva lo scafo e così all’improvviso egli scorge a circa 7 miglia delle basse, bianche scogliere illuminate della Luna.
Un urlo poderoso squarcia il silenzio della notte: “Tierra, Tierra!!!”
Girano le ampollette segnatempo, GIRA IL CORSO DELLA STORIA, FINISCE IL MEDIO EVO, inizia l’ERA MODERNA!
Giova ricordare di come Cristoforo Colombo effettuò ben 4 viaggi verso le Americhe e nel suo ultimo toccò terra sulle coste della Giamaica, nel 1503.
Fu bene accolto assieme al suo equipaggio dagli indigeni dell’isola, i quali lo veneravano e lo obbedivano, ma pare che a causa di screzi di alcuni membri degli equipaggi coi nativi questi si rifiutarono di fornire cibo ed acqua agli esploratori.
E’ certo che molti marinai di Colombo rubavano nei villaggi e truffavano gli isolani.
Di fronte al desiderio di Colombo di ripartire e al diniego del Re di queste regioni di fornire cibo ed acqua per “armare” le navi, Colombo, il quale era intelligente, acculturato ed astuto escogitò un trucco a dir poco geniale.
Appassionato astronomo e cartografo, Colombo recava a bordo con sé fra le cose più preziose oltre alle carte dell’amico Toscanelli, anche un libro di astronomia del Regiomontano, un celebre geniale astronomo tedesco (Johannes Muller da Konigsberg (1436-1476 )).
Il libro conteneva le predizioni delle eclissi lunari, una delle quali prevista per il 29 febbraio 1504.
La sera in cui avrebbe dovuto verificarsi l’eclisse, egli organizzò un incontro coi capi tribù e disse che Dio era molto amareggiato per il comportamento tenuto da loro nei suoi confronti e per questo motivo avrebbe fatto sparire la Luna.
In perfetto accordo con le predizioni di Colombo, suffragate dagli eccezionali studi del Regiomontano, ad un certo momento la Luna si colorò di rosso per l’entrata nel cono d’ombra terrestre, come Colombo si aspettava gli indigeni furono profondamente scossi da questo fenomeno e supplicarono di poter servire nuovamente Colombo a patto che questi intercedesse col suo Dio e facesse tornare la Luna al suo normale colore.
Colombo accettò e dopo circa 40 minuti l’eclisse terminò.
Colombo da grande navigatore e grande astronomo conosceva abbastanza bene il Saros ossia la periodicità e la ricorrenza delle eclissi che dura circa 6.585,3 giorni (18 anni 11 giorni e 8 ore).
Si pensa ai Caldei come gli scopritori di questo ciclo circa 2.500 anni addietro a noi, i quali si accorsero che la Luna, il Sole e la Terra si trovano ciclicamente nella medesima posizione relativa. Oggi sappiamo che per ripetersi quasi esattamente negli stessi luoghi, debbono trascorrere 3 Saros, pari a 54 anni.
Si stabilì inoltre che il Saros non si protrae illimitatamente ma termina dopo un certo periodo di anni.
Questi cicli denominati dai sacerdoti Saros ossia “ripetizione”, vennero usati da questi per prevedere le eclissi e questo contribuì a conferire loro prestigio e potere personale.
Se è possibile trarre una morale da quest’ultimo interessante aneddoto è la grande curiosità di Colombo che più d’una volta servì a trarlo d’impaccio da situazioni un poco complicate.
Utile che soprattutto i più giovani con ancora tutta la vita innanzi a loro facciamo proprio il motto: “SAPERE E’ POTERE” che li porti ad essere curiosi, a studiare ed a comprendere… perché come disse un altro sommo Sscienziato, Albert Einstein: “Tutto ciò che è capito è bene”.
Un caro saluto a tutti
Rodolfo Piralla