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    Arcipelago, un futuro da 60.000 nuovi posti di lavoro

    Un rapporto elaborato per BBVA, il Banco Bilbao Vizcaya Argentaria gruppo bancario multinazionale spagnolo, e relativo al futuro dell’economia canaria del biennio 2017-2018, stima che un clima congiunturale particolarmente favorevole potrebbe portare alla creazione di 60.000 nuovi posti di lavoro in tutto l’arcipelago, riducendo così il tasso di disoccupazione al 21,5% alla fine del 2018.

    L’economia canaria è in ottima salute, stando ai dati forniti dallo studio, e prosegue il suo recupero con una previsione di crescita del Producto Interior Bruto (PIB) del 3,5% per il 2017 e del 2,8% per il 2018, ben al di sopra della media nazionale spagnola.

    Un futuro quindi roseo, quello dipinto da Miguel Cardoso, capo economista per la Spagna della BBVA Research, da David Conde, direttore territoriale della BBVA Research e da José Martín, direttore generale, durante l’incontro con il ministro dell’Economia Pedro Ortega e quello della Finanza Rosa Dávila.

    Cardoso in particolare ha segnalato che alla base della vigorosa crescita dell’economia canaria vi sono molteplici fattori, tra i quali il buon andamento dei consumi, soprattutto a livello privato, una politica monetaria espansiva e un prezzo del petrolio relativamente basso.

    Altro fattore determinante è stato la ripresa del settore immobiliare dove i residenti stranieri, che rappresentano quasi il 40% degli acquirenti, hanno giocato un ruolo significativo, ma ancora una volta è il turismo ad aver determinato l’andamento dell’economia canaria ed a tracciare le linee di un futuro di prospettive più che rosee.

    Negli ultimi cinque anni il turismo nell’Arcipelago è cresciuto di circa il 35% e il 2016 è stato un anno record con i suoi 13,4 milioni di turisti; questi dati, tiene a precisare Cardoso, vanno interpretati con un po’ di prudenza, considerando che derivano dalla particolare situazione geopolitica europea degli ultimi tempi e che andrebbero quindi consolidati nel futuro puntando alla fedeltà dei turisti e abbinando un’offerta di maggior valore all’inevitabile aumento dei prezzi.

    In particolare l’effetto dei conflitti nei paesi concorrenti è stato vissuto diversamente nelle due provincie canarie, laddove a Las Palmas si è tradotto con un incremento del 70% dei pernottamenti mentre a Tenerife con un incremento di poco più del 30%.

    La differenza viene spiegata con il fatto che Las Palmas è meta d’eccellenza, insieme a Tunisia e Egitto, del mercato tedesco, che ora ha drasticamente ridotto le visite nelle zone calde, concentrandole tutte nelle tranquille acque canarie.


    Tutto questo nonostante stia avendo un grosso impatto sull’economia il fenomeno della riduzione delle esportazioni di merci, una delle poche note negative del rapporto.

    In generale quindi nel turismo si continua a nutrire grandi aspettative di crescita ma, come ben affermano gli economisti, occorre fin d’ora puntare alla diversificazione con obiettivi a lungo termine, 10 o 20 anni, iniziando ad investire adesso.

    Riguardo al discorso impiego, Cardoso riconosce che l’auspicato recupero non è ancora immediatamente percepibile dai cittadini, ancora per il 24% disoccupati e per un terzo con contratti temporanei.

    Questa situazione provoca vulnerabilità delle famiglie e genera un effetto negativo sul capitale umano delle aziende, le quali decidono di non investire nella formazione di lavoratori temporanei.

    Per correggere il tiro, continua Cardoso, occorrono buone prospettive economiche e investimenti nella formazione; a titolo di esempio cita l’Austria che, con solo l’8% di disoccupazione, investe in formazione esattamente quanto l’Arcipelago.

    La gestione delle risorse umane è fondamentale e deve essere in linea con le esigenze del mercato del lavoro.

    E come andrà veramente, in ogni caso, ce lo dirà solo il futuro.

    di Franco Leonardi

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