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    La Cataluña, una cartina di tornasole

    Il polso del continente e della democrazia battono in Cataluña. Non potremmo fare un errore più grande che leggere questi fatti in chiave di politica interna spagnola. 

    Nel 2001 uscì un saggio meraviglioso, si intitolava “dopo la democrazia”.

    Scritto da due teste bellissime, una di destra e una di sinistra, determinate a ragionare insieme sugli esiti a lungo termine della nascita della Unione Europea.

    Prevedeva con 16 anni di anticipo i fatti di Barcellona e molti altri simili, che inevitabilmente seguiranno.

    Lo schema del discorso era molto semplice:

    Prima della democrazia: la spinta del potere dei Re era dall’alto e il suddito “aspettava” di conoscere le decisioni che lo riguardavano.

    Durante la dittatura: la spinta del potere era dall’alto ma -cittadini e non sudditi- dall’altra parte, rispondevano con una spinta uguale e contraria, cercarono e ottennero alla fine, la democrazia.

    Durante la democrazia: La spinta del potere era, o almeno ci si illudeva che fosse, dal basso.


    Con la globalizzazione: Il potere esercitato da entità non politiche e non facilmente identificabili, ha inaugurato la spinta laterale, e per un buon ventennio ha sparigliato le forze sul campo.

    Cittadini confusi, per un poco hanno sparato alle nuvole, pesando di fatto, nel gioco degli equilibri politici, quanto dei sudditi, perché aspettavano le direttive europee, come i sudditi gli editti del Re.

    Dopo la democrazia: c’e la consapevolezza che il potere è di nuovo verticale, intende isolare i cittadini senza apparentemente privarli dello status e dei diritti di cittadino, renderli di fatto impotenti rispetto al potere che non li schiaccia, ma li accerchia.

    Il cittadino ridotto ad unità singola e impotente, secondo gli autori del saggio, avrebbe presto maturato la coscienza che le rivendicazioni dei diritti fondamentali si fanno con la forza del gruppo e avrebbe ripreso a costruire tribù, unità fondamentali da cui scaturisce la società, creandole dapprincipio attorno a criteri semplici ed estremi.

    Ecco, ci siamo.

    Semplice e radicale è il messaggio di tutte le tribù che a macchia di leopardo si stanno accendendo sul nostro continente e non solo.

    Forse dovremmo dire troppo semplice e troppo radicale.

    Sono tribù figlie dell’insostenibile pressione di un potere prepotente e ottuso, verticale, indifferente ai reali problemi della gente.

    Capire cosa succede in Catalogna significa superare la simpatia o antipatia per i catalani, per Rajoy o per Podemos, significa comprendere che il potere verticale non può essere una soluzione a lungo termine e se vogliamo che la cura non sia peggiore del male, dobbiamo uscire dal sonno politico, in qualunque angolo del mondo abbiamo portato il nostro disgusto, e ritrovare la forza del pensare collettivo, ritrovare il coraggio di pensare a noi stessi come cittadini responsabili nella porzione che ci riguarda.

    Ci riguarda il fatto che l’umanità nel tempo a venire, decida di andare avanti o, tristemente, di inciampare sulle stringhe e tornare indietro.

    Il senso di ciò che accade in Catalogna, è che il tempo di aspettare che la storia succeda, è quasi finito.

    di Claudia Maria Sini

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