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    Crollo di Los Cristianos, a caccia dei responsabili

    Crollo di Los Cristianos, a caccia dei responsabili

    di Ilaria Vitali

    Due sarebbero le perizie commissionate dall’Ayuntamiento di Arona per sviscerare le reali cause che hanno portato al drammatico crollo dell’edificio Julián José il 14 di aprile del 2016, nel quale perirono 7 inquilini di varie nazionalità.

    Al fine di determinare cause e conseguenti eventuali responsabilità, l’Ayuntamiento avrebbe interpellato due società, la Atlante SLU e la Intemac, per ottenere due rapporti di ingegneria forense separati e indipendenti, e i cui risultati saranno esposti durante la sessione in Tribunale che si terrà in data 7 settembre 2017 per quanto riguarda la Intemec e in data 7 novembre per la Atlante SLU.

    Entrambe le perizie contengono però punti chiave che costituiranno la struttura della relazione che verrà prodotta.

    Principalmente ad essere sotto alla lente di ingrandimento vi sono i lavori eseguiti dalla banca Banesto; lo studio di Atlante rivela infatti, nelle sue conclusioni, che apparirebbero come “decisive” le azioni svolte all’interno del palazzo nel 2003 per mano di Banesto e che hanno riguardato il danneggiamento dell’edificio mediante la rimozione di pareti portanti.

    Dall’analisi dei detriti, è emerso un inquietante aspetto riguardo la demolizione di quelle pareti, sostituite da architravi in metallo ma ancorate al suolo con materiali plastici e quindi assolutamente insufficienti per garantirne la stabilità.

    Secondo i periti, i materiali di plastica utilizzati sarebbero stati a malapena sufficienti per sostenere il peso di normali quadri alle pareti.


    Le già cattive condizioni dell’edificio di Los Cristianos prima dell’intervento di Banesto non sarebbero state ritenute potenzialmente responsabili di un crollo, avvenuto invece solo quando le uniche pareti che ne garantivano la sicurezza sono state abbattute e mal sostituite.

    Il secondo punto su cui le perizie punteranno l’attenzione è la qualità del calcestruzzo utilizzato, definito da 5 ingegneri che ne hanno analizzato la composizione come notevolmente rigido e quindi poco adatto ad assorbire gli sforzi della struttura.

    In particolare è la Intemec che sottolinea che dietro al crollo ci sarebbe il cedimento di un pilastro realizzato con un calcestruzzo di pessima qualità, provocando quindi il cedimento dell’intera struttura.

    Atlante avrebbe inoltre valutato una eccessiva povertà del materiale utilizzato, poco aggregato, con bassa densità e quindi incapace di creare una coesione sufficientemente forte tra la struttura e il cemento, struttura che avrebbe invece dovuto essere rafforzata da più armature di rinforzo e da cemento di qualità.

    La manutenzione è un altro punto caldo della disamina; dal rilevamento delle prime crepe alla prima reale segnalazione sarebbero trascorsi ben 12 anni, un periodo durante il quale nessuno avrebbe provveduto a riparare delle fratture che si sono evolute nel corso del tempo fino al collasso.

    Una mancanza di responsabilità da parte dei suoi occupanti, sottolineano i periti di Atlante, ma anche della stessa Banesto, intervenuta per ristrutturare a proprio piacimento una porzione dell’edificio e ignorando però completamente lo stato precario dello stesso.

    E infine, il quarto protagonista della grave tragedia, la profumeria: i periti sarebbero concordi nel ritenere i lavori svolti successivamente dal proprietario della nuova attività come irrilevanti per l’integrità dell’edificio, bensì semplicemente svolti su una struttura già pericolosamente debole e danneggiata.

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