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    Mito e leggende alle origini delle Isole Canarie

    di Ilaria Vitali

    Se potessimo per un solo istante possedere una macchina del tempo e correre a ritroso nel passato delle Isole Canarie, potremmo svelare ben più di un mistero della nascita di un luogo unico al mondo e delle origini del suo nativo “pueblo mágico”.

    Ma la notte dei tempi per noi comuni mortali mescola mito e leggenda, lasciandoci solo sognatori di un passato per molti aspetti oscuro.

    Le stesse antiche civiltà dei greci e dei romani si riferivano all’arcipelago come un luogo mitico, soprannaturale e abitato dagli dei.

    Alcune cronache di Platone collocarono proprio alle Isole Canarie il mito di Atlantide e della sua sorprendente civiltà mentre altri storici antichi definirono questo luogo come Il Giardino delle Esperidi, luogo leggendario della mitologia greca dove cresceva l’albero dalle mele d’oro.

    La stessa natura della discendenza della popolazione aborigena dei Guanches è avvolta dalla nebbia dei tempi.

    La connotazione genetica dei Guanches li fa avvicinare alle popolazioni berbere del Maghreb; il 50% infatti del loro DNA è indiscutibilmente africano ma per il resto si naviga ancora nell’incertezza.


    Vi sono cenni nelle testimonianze lasciate da Erodoto circa spedizioni della flotta fenicia in queste remote isole.

    Sono stati quindi i fenici, i primi a portare tratti genetici ancora oggetto di mistero nella popolazione aborigena?

    Supposizioni, teorie, ipotesi fantasiose che non fanno chiarezza.

    Quel che è certo è l’interesse suscitato nelle popolazioni dei viaggiatori come portoghesi, spagnoli e genovesi che approdavano sulle isole per meri scopi economici: dall’approvvigionamento di viveri alla tratta degli schiavi, venduti poi nei mercati europei.

    Il che significa che forse parte del DNA guanche è ancora là, nel mondo, come piccola porzione del corredo genetico di qualche ignaro lontano discendente e tutto questo rende ancora più affascinante la storia del pueblo magico canario.

    Nel 1341 una spedizione portoghese partì alla volta dell’arcipelago per mappare le isole ma le carte vennero rigorosamente mantenute segrete fino al 1375, quando apparvero misteriosamente nell’Atlante catalano, il più importante portolano (manuale per la navigazione costiera e portuale) del periodo medioevale.

    In seguito Jean de Bethencourt, nobile francese, si spinse per motivi prettamente naturalistici sulle isole di Lanzarote e Fuerteventura, alla ricerca di un leggendario lichene chiamato “orchilla”, utilizzato per tingere i tessuti.

    Era il 1405 e il nobile francese, annoiato da tale abbondanza di natura, lasciò l’incarico al nipote.

    Ancora prima è degno di nota il tentativo dell’italiano Malocello nel 1312 di stabilirsi a Lanzarote, cosa che fece per 20 anni prima di essere cacciato dagli stessi Guanches che forse cominciavano a vedere minacciato il loro paradiso sperduto.

    E non si sbagliarono di molto.

    La Reale Conquista spagnola per volere della Corona di Castiglia determinò nel 1496 la veloce estinzione della popolazione aborigena.

    Fu un periodo oscuro, fatto di transizioni commerciali, scambi, episodi truculenti, tentativi di pacificazione sostituiti con il terribile sterminio di una civiltà che, prima di allora, conduceva un’esistenza totalmente pacifica, ignara dell’ingrato destino che l’attendeva.

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