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    Canarie e post Brexit: quali prospettive

    A Brexit avvenuto, Jose Carlos Francisco, Presidente della Confederación de Empresarios di Tenerife (CEOE), ha presentato una relazione sull’andamento del secondo trimestre 2016 del settore del turismo canario dove ha espresso alcune stime riguardo l’impatto che l’uscita dalla Comunità Europea dell’Inghilterra potrebbe avere sull’economia dell’arcipelago.

    Per effetto del deprezzamento della sterlina, il Presidente CEOE ha stimato che le isole potrebbero perdere almeno 150.000 turisti nella sola stagione 2017, calo ancora non percettibile riguardo i pacchetti turistici attuali e invernali che vedono l’arcipelago come una delle poche mete che i turisti britannici non hanno abbandonato.

    Destinazioni come la Francia, l’Egitto, la Tunisia e la Turchia, stando ai dati, hanno infatti rilevato perdite che vanno dall’11% al 50% per il 2016.

    Contemporaneamente emerge, secondo le previsioni del Banco Bilbao Vizcaya Argentaria (BBVA) gruppo bancario multinazionale spagnolo, che il Brexit potrebbe costare alla Spagna quattro decimi di crescita del prodotto interno lordo, soprattutto per le regioni di Murcia, Valencia e Canarie.

    Di fatto il buon andamento del settore turistico canario suggerisce che entro la fine dell’anno saranno creati 40.000 nuovi posti di lavoro segnando una riduzione del tasso di occupazione che sarà sotto al 25% per la prima volta dal 2008.

    Insomma Brexit o non Brexit, il Presidente CEOE non dimostra eccessiva preoccupazione al riguardo e quanto ai timori della Spagna afferma che fino a quando la nazione non sarà in grado di creare un esecutivo stabile, la crescita economica del paese non potrà che essere rallentata.

    Evento che non toccherà l’arcipelago per quanto riguarda il turismo ma che potrebbe provocare una paralisi in termini di investimenti pubblici.

    Quella spagnola, afferma il Presidente CEOE, è un’economia che sta vivendo sopra le proprie possibilità, laddove si rileva una crescita del 3% a fronte di un deficit di prodotto interno lordo del 5%.


    Conti che non tornano ma che, grazie alla formula comunitaria indipendente dell’arcipelago, non produrranno danni significativi al turismo delle isole.

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