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    Turismo nelle Canarie: la sostenibilità ambientale come unica garanzia per il futuro

    Foto di Cristiano Collina

    Il dibattito sul turismo nelle Canarie non può essere ridotto a un’equazione semplicistica e interessata: “Senza turismo non c’è economia, e senza economia non c’è società”.

    Tuttavia, questo approccio è fuorviante se non viene sfumato. 

    Il turismo non è “solo” un motore economico, ma è anche una manifestazione sociale, culturale e territoriale. 

    La sua sostenibilità a lungo termine dipende da due pilastri imprescindibili: l’equità sociale e la sostenibilità ambientale.

    Perché il turismo funzioni, non basta attirare visitatori. 

    È necessaria una società coesa, con servizi pubblici efficienti (sanità, sicurezza, istruzione…) e un’equa distribuzione della ricchezza. 

    Un arcipelago frammentato da disuguaglianze, con infrastrutture collassate o risorse naturali sovrasfruttate, perde attrattiva e, con essa, la sua principale risorsa.

    Le Canarie non sono una fabbrica di turisti.


    Non si può degradare il territorio ed esportare il prodotto altrove. 

    Qui “la destinazione è il prodotto”: il clima, i paesaggi, la biodiversità. 

    Se queste risorse si esauriscono o vengono inquinate, non ci sarà più alcuna industria turistica. 

    Chi promuove una crescita smodata “senza pianificazione e senza rispetto per l’ambiente” non solo ipoteca l’economia, ma anche il futuro delle prossime generazioni.

    L’attuale modello, basato sul volume massiccio di visitatori, si scontra sempre più con la fragilità di un territorio fragile e limitato. 

    Ogni nuovo sviluppo, ogni ampliamento, aeroportuale, portuale o desalinizzatore, comporta un carico aggiuntivo sulle risorse già scarse: acqua, energia, suolo. 

    Il paradosso è che più il turismo cresce, più si erodono le condizioni che lo rendono possibile e più collassano le infrastrutture pubbliche per i canari e i residenti, che a loro volta aumentano per fornire servizi al settore turistico.

    La soluzione passa attraverso una scommessa sul riequilibrio:

    1. Controllare la capacità di carico turistico, privilegiando la qualità rispetto alla quantità.

    2. Investire in infrastrutture (gestione circolare dell’acqua, fognature) ecc., nella conservazione degli spazi naturali.

    3. Diversificare l’economia, promuovendo settori compatibili con la sostenibilità, come il turismo scientifico, agroecologico, della salute o del benessere, o le industrie creative.

    L’urgenza di un cambiamento di modello:

    Le Canarie hanno l’opportunità di guidare il turismo del XXI secolo: rigenerativo, rispettoso dell’ambiente e socialmente equo. 

    Ma per farlo, è essenziale che la classe politica e gli attori economici comprendano che non ci sarà economia né società se non si dà priorità alla sostenibilità.

    “Senza turismo sostenibile non c’è economia, e senza economia non c’è futuro per la società in una regione come le Canarie”. 

    Perché la vera ricchezza non sta nei profitti immediati, ma nel preservare ciò che li rende unici: il territorio, l’identità, è l’unica possibilità di avere un futuro dignitoso e sostenibile.

    Conosciamo già la speculazione incontrollata delle multinazionali che vedono le isole come una “tenuta” da sfruttare fino all’esaurimento o fino a una crisi globale, per poi andarsene, lasciandosi dietro un ecosistema danneggiato, una popolazione e una società impoverite.

    Dare la colpa agli altri è un grande sollievo per il nostro senso di responsabilità ormai compromesso. 

    Il messaggio “Le Canarie hanno un limite” si riferisce a tutte le isole, ma non si può equiparare la situazione di Tenerife, Gran Canaria, Lanzarote o Fuerteventura a quella di La Gomera, El Hierro, per non parlare di La Palma, che ha subito un forte calo nell’arrivo di visitatori stranieri. 

    Tuttavia, la protesta si radicalizzerà intenzionalmente e inevitabilmente. 

    Sono già state annunciate azioni dirette. 

    Non si escludono manifestazioni di protesta durante eventi legati al settore, senza dimenticare l’incendio di auto di alcune compagnie di autonoleggio o attentati eco-terroristici in luoghi dove sono iniziati i lavori per la costruzione di nuovi complessi alberghieri. 

    La confusione nel porre le radici del problema esprime una rabbia tanto eterogenea quanto priva di senso strategico.

    Dovremmo avere tutti ben chiaro che la società delle Canarie sta cambiando. 

    Stanno vivendo il trauma della crescita, senza che i governi, i consigli comunali e le amministrazioni locali che hanno divorato i nostri voti per forse 25 anni abbiano nemmeno previsto, analizzato, pianificato, preventivato e realizzato le infrastrutture che i loro innumerevoli consulenti ed esperti ben pagati avrebbero dovuto stabilire come priorità per il futuro che ha ormai raggiunto il presente, tinto di sorprendente frustrazione.

    Si chiama gestione integrale del territorio, ma nella manifestazione, ah! maledetti turisti che non ci lasciano accedere alle case che non sono mai state costruite né ai treni che un giorno abbiamo sognato. 

    Il problema che tutti noi stiamo affrontando è la conseguenza di un sistema che ha raggiunto il limite. 

    Questa realtà è innegabile: stiamo vivendo un collasso generalizzato delle infrastrutture, dei servizi e dell’equilibrio sociale.  

    Non si tratta di cercare colpevoli, ma di riconoscere una realtà complessa che richiede un’analisi serena e soluzioni costruttive. 

    Ascoltare, considerare nuovi argomenti e modificare le proprie idee è uno dei modi più puri per crescere.

    Non si tratta di diventare incostanti, ma di essere abbastanza coraggiosi da riconoscere che, a volte, ascoltiamo argomenti che ci fanno vedere opzioni che prima non avevamo nemmeno considerato.

    La flessibilità mentale non vi allontana da voi stessi, ma vi avvicina a una versione migliore di voi stessi.

    Quando crediamo di sapere tutto, smettiamo di ascoltare. 

    Quando crediamo di non sbagliare mai, smettiamo di imparare. 

    E così, poco a poco, l’ego costruisce una torre così alta… che alla fine crolla sotto il proprio peso.

    La vera forza non sta nel credere di essere migliori, ma nel sapere che si può sempre migliorare e imparare. 

    L’umiltà non ti rende piccolo, ti rende grande.

    L’esperienza non è un freno alle nuove idee… è il miglior punto d’appoggio per evitare che cadano.

    Bina Bianchini

     

     

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