More

    L’uso dei cellulari per filmare le forze dell’ordine durante il compimento del loro dovere: un rischio per la sicurezza pubblica

    Nel contesto attuale, i dispositivi mobili sono diventati una sorta di “prolungamento” della nostra vita quotidiana. 

    Ogni evento significativo, ogni interazione, viene immortalata e condivisa. 

    Questa abitudine ha raggiunto anche il settore delle forze dell’ordine: spesso, le azioni delle forze di polizia vengono filmate da spettatori casuali e subito condivise sui social media, in alcuni casi senza riflettere sulle conseguenze di tali comportamenti, o riflettendo benissimo, solo per fare un danno alla sicurezza! 

    Sebbene il diritto alla libertà di espressione e il valore di documentare eventi importanti siano concetti fondamentali in una società democratica, l’uso indiscriminato dei cellulari per filmare le forze dell’ordine può avere effetti controproducenti sulla sicurezza pubblica e sull’efficacia delle operazioni.

    Le forze di polizia agiscono in un ambiente ad alto rischio, in cui ogni movimento e ogni decisione possono influenzare la sicurezza delle persone coinvolte. 

    Se da una parte filmare può sembrare un atto di “controllo” e trasparenza, dall’altra può generare confusione, distrazione e persino minaccia per l’incolumità di chi sta operando sul campo.

    Ad esempio, un video che mostra un arresto o un intervento può essere interpretato in modo errato o decontestualizzato, creando una falsa narrativa che potrebbe danneggiare l’immagine delle forze dell’ordine o, al contrario, giustificare comportamenti violenti nei confronti di agenti innocenti.

    Inoltre, filmare in tempo reale può compromettere la gestione di situazioni di pericolo. 


    Un agente della polizia potrebbe distrarsi nel tentativo di non essere ripreso, il che potrebbe minare la sua attenzione sulla sicurezza dei presenti.

    Molti video che circolano sui social media sono tagliati, manipolati o mostrano solo una parte della storia. 

    Questo è particolarmente evidente nei casi di uso della forza da parte delle forze dell’ordine. 

    Il montaggio o l’assenza di contesto possono far sembrare una situazione più grave o violenta di quanto non lo sia realmente. 

    Ad esempio, un video che mostra un arresto senza spiegare cosa sia successo prima dell’intervento delle forze dell’ordine può dipingere un quadro distorto della situazione, alimentando la disinformazione o creando un’impressione errata tra il pubblico.

    Inoltre, sebbene la trasparenza sia importante, non tutte le operazioni devono essere documentate in tempo reale, soprattutto quando c’è il rischio di violare la privacy delle persone coinvolte o minare l’efficacia delle operazioni stesse. 

    Molti dei cittadini che filmano situazioni con le forze dell’ordine lo fanno con l’intento di “testimoniare” o “documentare” un presunto abuso di potere. 

    Sebbene ciò possa sembrare un comportamento giustificato, spesso questa mentalità porta a una vera e propria “partecipazione” alla scena. 

    I testimoni, piuttosto che restare neutrali e osservare da una distanza sicura, diventano protagonisti del momento. 

    In situazioni particolarmente tese, la presenza di molteplici persone che riprendono può amplificare il caos, facendo aumentare il rischio di conflitto tra la polizia e la folla. 

    Questo può tradursi in un’escalation di violenza, sia verbale che fisica, mettendo a rischio la sicurezza delle persone coinvolte e anche quella degli stessi agenti.

    Per evitare che l’abitudine di filmare ogni evento comprometta la sicurezza pubblica, è fondamentale che la società sviluppi una maggiore consapevolezza sui rischi legati a tale comportamento. 

    La tecnologia, se usata in modo responsabile, può svolgere un ruolo positivo. 

    Documentare in maniera imparziale e informata gli abusi da parte delle forze dell’ordine è un diritto fondamentale, ma farlo con l’intento di alimentare polemiche o confusione può avere conseguenze molto gravi. 

    L’educazione civica dovrebbe enfatizzare la responsabilità individuale nell’uso dei dispositivi mobili, incoraggiando le persone a essere testimoni attivi e non semplici spettatori.

    Piuttosto che concentrarsi esclusivamente sull’atto di filmare, i cittadini potrebbero concentrarsi su azioni che contribuiscono direttamente alla gestione della sicurezza. 

    Ad esempio, se si è testimoni di un intervento problematico, la cosa migliore sarebbe quella di allertare le autorità competenti, registrare la situazione in modo responsabile, ma soprattutto cercare di non interferire fisicamente con l’intervento. 

    Un altro aspetto cruciale è il rispetto della privacy delle persone coinvolte negli interventi delle forze dell’ordine. 

    Se da un lato è legittimo monitorare l’operato della polizia, dall’altro occorre anche bilanciare il diritto alla privacy di chi viene filmato. 

    L’uso indiscriminato dei cellulari durante operazioni delicate può ledere la dignità delle persone coinvolte, trasformando una situazione che dovrebbe rimanere privata in un evento pubblico.

    Inoltre, filmare ogni momento delle forze dell’ordine potrebbe scoraggiare gli agenti dall’agire con la stessa determinazione in futuro, temendo di essere giudicati o fraintesi, e questo influisce negativamente sulla loro efficienza e sicurezza.

    In definitiva, il crescente utilizzo dei cellulari per filmare le operazioni delle forze dell’ordine solleva questioni di responsabilità civica e di sicurezza. 

    Se da una parte le immagini e i video possono servire a monitorare e documentare gli abusi, dall’altra il comportamento dei cittadini che riprendono le scene spesso non tiene conto delle conseguenze di tali azioni. 

    La sfida, quindi, è garantire che l’uso della tecnologia non diventi un ostacolo per il mantenimento dell’ordine pubblico.

    Bina Bianchini

     

    Articoli correlati