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    Mogán: la sfida di vivere in meno di 30 metri quadrati

    In un articolo apparso qualche tempo fa su quotidiano locale, viene analizzato in dettaglio il fenomeno dei mini appartamenti in Spagna, con un focus particolare su Mogán, una località situata nel sud di Gran Canaria, che detiene uno dei tassi più alti di mini appartamenti di Spagna, con il 13,03% delle abitazioni che misurano meno di 30 metri quadrati. 

    L’articolo racconta la storia di Jorge Medina, un cameriere che, con uno stipendio di circa 1.500 euro al mese, non può permettersi un appartamento più grande. 

    Questa condizione riflette una realtà comune tra i lavoratori del settore turistico, caratterizzato da redditi medi annui di circa 18.000 euro, insufficienti per accedere a soluzioni abitative più spaziose o confortevoli.

    Il fenomeno è strettamente legato alla ricerca di redditività da parte dei promotori immobiliari, che spesso dividono le proprietà per massimizzare i profitti, e a una legislazione favorevole, caratterizzata da normative che consentono la proliferazione di abitazioni con dimensioni minime. 

    L’articolo esplora e analizza nel dettaglio come questi fattori, uniti a una pianificazione urbana carente, mettano in luce  le sfide economiche e sociali affrontate dai residenti locali e la grande speculazione del settore immobiliare strettamente connesso con il turismo.

    Le cifre di Mogán

     Il 13,03% delle abitazioni misura meno di 30m2, il dato più elevato del paese tra le regioni con almeno 10.000 case. 

    In questa realtà vive di Jorge Medina. 


    Il suo mini appartamento è composto dall’ingresso, un corridoio stretto con sulla sinistra la cucina, il lavandino, un piccolo frigorifero e un paio di cassettiere per conservare il cibo.  

    A destra, in uno spazio ridottissimo dove a malapena potrebbero stare due persone, si trova il bagno.

    In fondo all’abitazione, ci sono un divano letto, una cassettiera, un tavolo da pranzo, un comodino e la televisione. Tutto qui!

    Medina vive qui, nella località di Arguineguín (Mogán) da qualche tempo e afferma di aver comprato la casa nel 2004 per 60.000 euro. 

    Nonostante le dimensioni ridotte, meno di 30 metri quadrati, confessa di trovarsi a suo agio: “C’è meno superficie da pulire, il mare e la spiaggia sono vicini, e ho potuto ristrutturare l’immobile poco a poco”, afferma soddisfatto.

    Il caso di Medina: uno dei tanti.

    Mogán è il secondo più visitato dai turisti nell’isola di Gran Canaria e guida la concentrazione di miniappartamenti in Spagna, secondo i dati dell’Istituto Nazionale di Statistica (INE) provenienti dall’ultimo Censimento delle Abitazioni, risalente al 2021. 

    Secondo questa statistica, il 13,03% delle case ha meno di 30 metri quadrati, la percentuale più alta tra le regioni con almeno 10.000 beni immobili.

    Le informazioni dell’INE si riferiscono a “abitazioni familiari”, cioè quelle destinate a essere abitate da una o più persone. 

    Questo dato può essere poi suddiviso in appartamenti “principali”, utilizzati come residenza abituale, e “non principali”, occupati solo occasionalmente. 

    A Mogán, per quanto riguarda le micro case, ci sono 765 abitazioni principali e 1.482 non principali, a dimostrazione che due su tre di queste case sono utilizzate per l’alloggio turistico.

    Medina fa parte dei primi, dei proprietari. 

    Lui è un cameriere, guadagna uno stipendio mensile di 1.500 euro e spiega che quando ha comprato la “casa”  quasi vent’anni fa, era  “la sola che poteva permettersi”.

    Questo fenomeno è strettamente legato al settore turistico, che domina l’economia locale: circa il 60% dei lavoratori a Mogán è impiegato nell’ospitalità, con stipendi medi che si aggirano intorno ai 18.000 euro annui, una cifra che limita fortemente le possibilità di accesso a immobili più grandi o confortevoli, secondo gli ultimi dati dell’Agenzia delle Entrate.

    A Mogán Il boom della costruzione di hotel e appartamenti è arrivato tra la fine degli anni Settanta e l’inizio degli Ottanta, quando sono state costruite 16.667 abitazioni. 

    Dal 2010, tuttavia, ne sono state costruite appena 1.819, quindi l’alta presenza di miniappartamenti non corrisponde a edifici di nuova costruzione. 

    Esistevano già, anche se forse non venivano utilizzati come residenze abituali, oppure, come sostengono gli esperti, la suddivisione delle abitazioni è diventata più comune per massimizzare i profitti, favorita da stipendi mediamente bassi nel settore turistico, come quello di Medina. 

    Questo contesto economico limita fortemente le opzioni abitative, rendendo le micro case una scelta quasi obbligata per molti lavoratori.

    Non bisogna scandalizzarsi se il promotore immobiliare cerca la massima redditività nel rispetto delle normative vigenti, ma questa spesso viene accompagnata da una carenza significativa nel controllo amministrativo per garantire l’accesso a un’abitazione dignitosa, soprattutto per la popolazione con meno disponibilità economiche, come i lavoratori del settore turistico, dove si generano stipendi medi annuali di circa 18.000 euro.

    Per questo, molti non hanno altra scelta se non optare per micro appartamenti, che rappresentano l’unica opzione accessibile a fronte di costi immobiliari in costante aumento.

    Sia nelle Canarie che in Spagna, la proporzione di immobili con meno di 30 m2 è triplicata in dieci anni, tra il 2011 e il 2021. L’arcipelago è la quarta comunità dove la crescita è stata maggiore. 

    E la legge, di fatto, non pone ostacoli.

    L’ultimo decreto di abitabilità approvato nelle Isole, risalente al 2006, specifica che la superficie minima per un’abitazione deve essere di 25 metri quadrati. 

    Un confronto con le altre regioni colloca l’arcipelago tra le comunità meno rigide in merito. 

    Prima di quel regolamento, era stata approvata solo un’altra ordinanza simile nel 1991 e, prima ancora, poco o nulla. 

    La normativa, dunque, ha consentito la proliferazione di case di questo tipo nelle Canarie, soprattutto per l’industria turistica, ma anche per persone come Medina, che vogliono vivere vicino al luogo di lavoro.

    Nel corso degli ultimi anni, si è sviluppato un legame molto forte tra l’industria turistica e il mercato immobiliare. 

    Questo rapporto si basa principalmente sulla ricerca della massima redditività, con una crescente trasformazione di hotel e abitazioni in alloggi vacanzieri. 

    Tale tendenza ha avuto l’effetto di relegare molte persone, soprattutto residenti locali, a margini del mercato immobiliare, rendendo difficile l’accesso a case a prezzi accessibili. 

    Lo spazio turistico sta generando problemi perché, in assenza di una pianificazione territoriale mirata alla creazione di quartieri con alloggi accessibili o di promozione pubblica, l’unica alternativa sembra essere quella di erigere barriere, escludendo i residenti con minori risorse economiche. 

    L’industria turistica vuole ottenere il massimo rendimento dal territorio, costringendo i lavoratori a vivere negli spazi più marginali.

    A Mogán, inoltre, ci sono stati importanti progetti di aparthotel, costruiti tra gli anni Settanta e Ottanta, che hanno promosso la divisione orizzontale, cioè la separazione dell’immobile in diverse unità registrate per poterle vendere a terzi e ottenere il massimo profitto possibile.

    La proliferazione di micro case risponde spesso a un approccio di sfruttamento dello spazio per massimizzare le vendite, senza considerare aspetti essenziali come la presenza di finestre, una ventilazione adeguata, corridoi sufficientemente larghi o l’accessibilità per persone con disabilità.

    Tutto questo riflette una profonda crisi di valori nella società contemporanea, in cui la casa viene spesso vista come uno strumento di speculazione piuttosto che come un diritto fondamentale. 

    di Italiano alle Canarie

     

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