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    Il paradosso case vacanza, più si proibiscono e più aumentano

    Regolamentazioni approssimative per un settore che appare un vero e proprio ginepraio

    Il tormentone dell’anno per amministrazioni, governo e cittadini è quello legato agli affitti delle case vacanza, fenomeno discusso, appoggiato, odiato e in alcuni casi promosso ma che, alla fine, non ha ancora sortito un pro bono pacis condiviso.

    Da un lato i proprietari di alloggi che vedono violato il diritto di utilizzare gli stessi secondo i propri desideri ed in ottemperanza delle leggi, da un altro i cittadini che desiderano un mercato immobiliare più equilibrato per poter aver accesso ad un alloggio ad affitti ragionevoli, da un altro ancora le associazioni di albergatori preoccupate dall’eventuale creazione di squilibrio nel mercato della ricettività, visto che gli affitti parrebbero diffondersi con successo a discapito dei pernottamenti in hotel e in questo variegato quadro le amministrazioni sono demandate a trovare una soluzione che non solo regolamenti il nuovo settore, ma che non procuri danneggiamenti a nessuno degli attori coinvolti, proprietari di alloggi, cittadini e strutture alberghiere.

    E il progetto di decreto con il quale si intende risolvere la questione degli affitti case vacanza sulle Isole Canarie, sembra che, anziché risolverla, ne porti ad una maggiore diffusione.

    La proposta, che appare aperta a migliorare la situazione esistente e i diritti di chi è coinvolto, si basa in realtà su presupposti che già rappresentano motivo di insoddisfazione per molte delle categorie sopra esposte.

    Innanzitutto è bene sottolineare che l’insistere infatti da parte del Governo sul vietare gli affitti in aree turistiche tradizionali, pur con l’introduzione di una certa libertà di decisione da parte dei singoli comuni, rischia di portare a ripetere l’errore che in passato aveva provocato il rigetto del decreto da parte del TSJC.

    Insomma, nulla vieterebbe ai proprietari che considerano violato il proprio diritto di utilizzare gli alloggi secondo i propri desideri e in ottemperanza delle leggi, di portare la questione nuovamente in tribunale, sortendo forse lo stesso risultato e quindi un nulla di fatto.

    Il Governo in pratica sta riproponendo ciò che il comparto delle associazioni alberghiere ha difeso, senza chiarire, nemmeno questa volta, il perché non sia possibile destinare ad affitto turistico un alloggio situato in zona turistica, fatto salvo diversa decisione del comune in cui è situato (con la nuova normativa).


    Il divieto non si estende espressamente nelle aree urbane dove l’affitto di case vacanza è già in auge e dove i prezzi sono giunti a livelli stratosferici, ma riguarderebbe solo le zone definite turistiche e dove sono già presenti strutture ricettive tradizionali.

    Zone dove non solo esistono complessi residenziali civili, ma dove ora, con il nuovo progetto di legge, i comuni potrebbero decidere di estendere l’attività di affitto provocando l’aumento incontrollato delle rate mensili.

    Se il decreto dovesse entrare in vigore secondo la bozza ultima presentata, sarà opportuno che comuni e municipi specifichino le loro posizioni al riguardo e considerato che i modelli turistici alle Canarie non sono uniformi, è logico che il governo conceda una certa elasticità nell’applicazione delle normative.

    Questo non deve e non può comportare un’incertezza del diritto in regolamenti completamente antagonisti, che vedranno eventualmente due comuni attigui con due differenti modus operandi; senza considerare la velocità diversa in termini di sviluppo urbanistico che procurerebbe una differente pianificazione territoriale.

    Insomma, così com’è, il nuovo decreto rischia di creare una sperequazione dannosa per i cittadini, per le associazioni alberghiere e per gli stessi proprietari di case che, a seconda di dove sono dislocate, potranno o meno esercitare l’attività degli affitti, in buona sostanza una situazione a macchia di leopardo che nasconde problemi di portanza ancora più elevata, quale la carenza di alloggi per i residenti, l’aumento indiscriminato di quartieri solo turistici e via di questo passo.

    Il governo, che riconosce che delle 30.000 case in affitto solo 6.000 sono regolarmente registrate, non specifica nella bozza quali saranno i meccanismi e le misure adottate per combattere l’economia sommersa della nuova attività.

    Come l’esperienza dimostra ampiamente, divieti e restrizioni, anziché risolvere i problemi, li consolidano e rappresentano terreno fertile per far prosperare l’illegalità.

    I 14 ispettori previsti per controllare un fenomeno così in ebollizione come quello degli affitti delle case vacanza sono obiettivamente insufficienti, e ci si trova di fronte ad un problema complesso che non è una causa sufficiente perché i proprietari degli alloggi rinuncino ai propri diritti.

    Il vero bandolo della matassa è tra le mani del governo, cui spetta il compito, e a lui solo, di regolamentare in maniera più precisa l’argomento, cosa che la nuova bozza non fa, tenendo presente che non è proibendo un’attività che si può eliminarla e soprattutto tenendo ancora più presente l’interesse generale anziché quello dell’individuo, dove per individuo si intende anche il gruppo che alza maggiormente la voce e che ha le facoltà di premere più con forza.

    di Ilaria Vitali

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