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    Il piano del Ministero delle Finanze per combattere l’evasione

    di Valeria Pezzi

    Il Ministero delle Finanze della Spagna ha presentato di recente il piano elaborato per il controllo fiscale dei contribuenti con l’obiettivo di eliminare le frodi e stanare l’economia sommersa.

    Al centro del mirino dell’Agencia Tributaria saranno quindi i grandi patrimoni, l’economia digitale, le transazioni con IVA, le imposte sulle società, gli immobili, le successioni e le donazioni oltre che i famigerati conti off-shore.

    Benché il Ministero delle Finanze segnali che le misure fino ad ora intraprese abbiano avuto un riscontro positivo, è convinzione consolidata che occorra un maggior impegno per aumentare il recupero delle tasse sul reddito oggetto di evasione.

    Si assisterà ad una limitazione di alcuni vantaggi concessi precedentemente ai contribuenti dalla stessa Agenzia Tributaria, come ad esempio la dilazione del pagamento dei debiti o il limite al pagamento in contanti fissato a 2.500 euro, nell’opinione che le facilitazioni delle linee di credito di cui godono oggi le imprese siano finanziate dal Ministero del Tesoro, come attesta l’ammanco di 10.000.000 di euro per dilazioni concesse solo nel 2015.

    E a fronte di un dichiarato incremento dell’impegno da parte dell’Agenzia Tributaria nella lotta contro l’evasione, emerge che i tecnici stessi del Ministero delle Finanze lamentano una carenza di personale e di direttive, il che rende queste dichiarazioni prive di un fondamento realistico.

    Ad esporre con dati alla mano il problema è il Gestha, il sindacato degli operatori interessati, che segnala che in Spagna vi sarebbe un solo dipendente per ogni 1.928 contribuenti, laddove in paesi come la Francia o la Germania il rapporto sarebbe di 1 a 860 e 729 rispettivamente.

    Inoltre più dell’80% della forza lavoro dell’Agenzia delle Entrate si dedica a indagini sui lavoratori autonomi, sulle piccole imprese e sui lavoratori dipendenti, lasciando poco margine di azione al controllo sulle grandi imprese.


    Secondo le stime di Gestha sarebbero così 77.000 milioni di euro i soldi persi negli ultimi 8 anni dalla Spagna, vale a dire una perdita media all’anno pari a 9.600.000.000 euro.

    Ed è per queste ragioni che i tecnici delle Finanze credano sia meglio recuperare quanto evaso invece che aumentare le tasse ai soliti contribuenti che pagano.

    Del resto l’evoluzione che ha seguito il debito medio degli anni 2012, 2013 e 2014 è dimostrato dalla AEAT, il centro di indagine sui contribuenti a basso reddito, siano essi piccole imprese, autonomi o dipendenti, che ha rilevato che a questi ultimi viene attribuito il minor importo evaso, mentre le indagini sulle grandi realtà come corporazioni e aziende evidenzia che è ad esse che si deve imputare il 70% delle evasioni fiscali su territorio nazionale.

    Il dato più significativo relativo al crollo della lotta contro le evasioni cosiddette più sofisticate è quello che vede un calo dei reati fiscali del 57% negli ultimi dieci anni, dovuto non tanto a diminuzione degli stessi, quanto se mai ad un limitato potere di competenza da parte dei tecnici deputati a indagare gli stessi reati.

    La Spagna quindi ha due opzioni per soddisfare l’obiettivo del recupero del disavanzo del 3,1% del PIL: ridurre significativamente i casi di evasione o aumentare a tutti le tasse, riducendo così il debito pubblico.

    Ma, come insiste a ragione Gestha, è bene ricordare che più del 90% dell’evasione fiscale del 2015 non è stata rilevata.

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