Un cielo da primato, ma senza ritorno
Le Isole Canarie, grazie a un cielo eccezionalmente limpido e stabile, ospitano alcuni tra gli osservatori astronomici più avanzati del pianeta.
Sulla vetta del Roque de los Muchachos, a La Palma, si trova il Gran Telescopio Canarias (GTC), il più grande dell’emisfero settentrionale.
Anche a Tenerife, presso l’Osservatorio del Teide, operano numerose strutture scientifiche di rilievo internazionale.
Nonostante gli ingenti investimenti, i benefici concreti per la popolazione locale restano marginali.
I posti di lavoro più qualificati sono occupati da personale proveniente dall’estero o dalla penisola iberica, le aziende locali sono praticamente escluse dagli appalti, e le risorse generate dall’utilizzo del cielo canario finiscono nelle mani di istituzioni e imprese straniere.
Ne emerge un modello che richiama dinamiche coloniali passate e presenti: le Canarie offrono la risorsa – il cielo – mentre la ricchezza prodotta scorre verso i centri di potere scientifico ed economico in Europa e America.
L’illusione dell’occupazione scientifica
I sostenitori dei grandi osservatori astronomici affermano che queste strutture generano occupazione locale.
In parte è vero: tra personale tecnico, scientifico e addetti alla manutenzione, si contano centinaia di posti di lavoro.
Ma la questione è chi ricopre questi ruoli e a quali condizioni.
I dati mostrano che la maggior parte dei ruoli qualificati è appannaggio di lavoratori non residenti, mentre ai canari rimangono impieghi a basso valore aggiunto come pulizie, manutenzione o sicurezza.
Questo non avviene perché manchi il talento locale, ma per una questione più complessa che riguarda soprattutto la domanda: sebbene esistano programmi accademici in astrofisica, come quelli dell’Università di La Laguna, e alcuni moduli legati all’ingegneria aerospaziale, l’interesse e la preparazione della popolazione locale verso questi ambiti rimangono ancora limitati.
Mancano incentivi e connessioni efficaci tra il mondo accademico e i centri di ricerca, e i percorsi di formazione esistenti non sono ancora sufficientemente valorizzati o integrati da politiche di inserimento locale.
Di conseguenza, molti giovani canari interessati a questi ambiti sono costretti a emigrare per formarsi, con scarse possibilità di rientrare professionalmente nelle isole.
Un esempio significativo è il Gran Telescopio Canarias (GTC): su circa 70 dipendenti stabili, solo una piccola parte sono residenti canari.
L’accesso ai ruoli tecnici e scientifici è spesso precluso a causa della mancanza di programmi formativi specifici nelle università locali, obbligando gli aspiranti canari a emigrare.
La situazione potrebbe peggiorare con l’arrivo del Telescopio da Trenta Metri (TMT), progetto da oltre 1,4 miliardi di dollari inizialmente previsto alle Hawaii, ma respinto dalla popolazione indigena.
Se non verranno cambiate le regole di ingaggio, anche questa colossale infrastruttura seguirà lo stesso schema: enormi investimenti, scienza importata e un popolo locale ancora una volta spettatore.
Turismo astronomico: opportunità senza strategia
Tra le promesse dell’astrofisica canaria vi era quella di sviluppare un turismo scientifico capace di produrre ricchezza diretta per le isole.
In parte ciò si è realizzato: a La Palma e Tenerife esistono tour guidati, escursioni notturne e visite agli osservatori.
Tuttavia, il settore resta scarsamente regolamentato e non compensa l’enorme squilibrio tra ciò che le Canarie offrono e ciò che realmente ottengono.
In Sudafrica, ad esempio, l’astroturismo è parte di un piano nazionale che include formazione per le comunità svantaggiate e borse di studio.
Alle Hawaii, la presenza degli osservatori astronomici su Mauna Kea ha portato alla creazione di fondi e iniziative educative legate al territorio, come il Maunakea Fund e il piano di educazione e sensibilizzazione dell’Università delle Hawaii.
Sebbene non esista un meccanismo diretto di reinvestimento dei ricavi turistici, una parte delle risorse generate è destinata al sostegno di programmi locali in ambito culturale, ambientale e formativo.
Nelle Canarie, invece, l’astroturismo rimane un comparto secondario, senza un piano organico né una visione a lungo termine in grado di massimizzarne il potenziale e garantire un ritorno economico concreto.
Il confronto con Cile e Hawaii: modelli virtuosi
I telescopi possono rappresentare un volano economico, come dimostra il caso cileno.
Lì, gli accordi con gli osservatori internazionali prevedono contratti per imprese locali, formazione tecnica e l’accesso garantito agli scienziati cileni (con il 10% del tempo di osservazione riservato).
Alle Hawaii, dopo le proteste contro il Telescopio da Trenta Metri (TMT), sono state istituite nuove autorità di gestione partecipata come la Mauna Kea Stewardship and Oversight Authority, e il progetto ha avviato programmi educativi come il Think Fund.
Tuttavia, non risulta che una parte dei profitti sia stata formalmente destinata a progetti sociali ed educativi come diretta conseguenza delle proteste.
Al contrario, nelle Canarie non si impone alcuna compensazione economica diretta, nessuna quota di occupazione locale obbligatoria né un fondo sociale dedicato.
L’unico beneficio tangibile è che la Spagna riceve il 20% del tempo di osservazione, un beneficio scientifico per la comunità accademica internazionale che, però, non si traduce in occupazione qualificata né sviluppo economico tangibile per i residenti delle isole.
Un canone per il cielo: proposta concreta
Se le Canarie imponessero un canone alle istituzioni scientifiche internazionali per l’utilizzo del proprio cielo, la situazione potrebbe cambiare radicalmente.
Un prelievo del 5% sui costi operativi dei telescopi potrebbe generare fra i 5 e i 10 milioni di euro l’anno, a seconda del numero di strutture attive.
Queste risorse potrebbero finanziare:
- Borse di studio per giovani canari interessati all’astrofisica
- Progetti di sviluppo industriale e tecnologico
- Migliorie infrastrutturali nelle zone che ospitano gli osservatori
Eppure, finora, né il governo regionale né quello nazionale hanno promosso l’introduzione di un simile meccanismo di compensazione.
Da risorsa naturale a motore economico reale
Il cielo delle Canarie rappresenta una delle risorse naturali più preziose dell’arcipelago.
Ma oggi viene gestito secondo una logica estrattivista: le istituzioni scientifiche ne traggono benefici tecnologici e accademici, mentre le ricadute concrete per la popolazione canaria sono ancora oggi marginali.
Se le Canarie vogliono smettere di essere una colonia scientifica e diventare protagoniste nel panorama astrofisico globale, devono rinegoziare i termini dell’utilizzo dei loro cieli.
Finché ciò non accadrà, i telescopi continueranno a offrire una finestra sull’universo per il mondo… ma resteranno una vetrina di occasioni perdute per i canari.
Guardare alle stelle per costruire il futuro
Investire nell’astroturismo non significa solo attrarre visitatori appassionati del cielo, ma costruire un’economia alternativa, sostenibile e radicata nel territorio.
Le Canarie hanno tutte le carte in regola per diventare un punto di riferimento mondiale nel turismo astronomico: paesaggi unici, cieli certificati, una crescente domanda internazionale e una popolazione giovane che potrebbe essere formata e coinvolta in questo nuovo orizzonte economico.
Di Italiano alle Canarie