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    Incanto, leggenda e mistero

    Foto di Cristiano Collina

    Il territorio di La Gomera è caratterizzato da una diversità di tradizioni magiche.
    È possibile che in tutto l’arcipelago non esista un luogo con una tradizione magica così riconoscibile e resistente al passare del tempo come la Laguna Grande a La Gomera. 

    In questo spazio unico, convertito in area ricreativa e situato nel Parco Nazionale di Garajonay, si fondono due espressioni del patrimonio di La Gomera: quella di un ambiente naturale suggestivo e avvolgente e quella di un punto specifico del territorio in cui la memoria orale ci collega a un affascinante universo di credenze che sfiorano il soprannaturale. 

    Questo angolo di Vallehermoso è l’epicentro delle storie di stregoneria gomerana, la principale sala da ballo dove, secondo la tradizione, le streghe si riunivano in certe notti per celebrare le loro cerimonie oscure. 

    Si trattava di un luogo di passaggio fondamentale sull’isola, un crocevia sconsigliato quando calava la notte. 

    Era allora che le streghe potevano uscire per incontrare gli incauti e trasformarli in vittime delle loro beffe e dei loro inganni. 

    Secondo la tradizione, non era raro assistere alla loro trasformazione in animali, vederli danzare a torso nudo nel cerchio centrale della Laguna Grande, essere scossi e sballottati dalle streghe o provare paure incontrollabili e disorientamento quando ci si avventurava in questi luoghi. 

    A volte le streghe venivano viste in forme scintillanti, come luminarie che provocavano inquietudine.

    È possibile che questi racconti si siano formati nel tempo per etichettare prima, e tentare poi di dare un senso, all’osservazione occasionale degli incontri discreti che alcune persone possono aver fatto in questi luoghi, ricordando le tradizioni e le feste della popolazione aborigena. 


    Anche se può sorprendere, la persistenza di pratiche e credenze degli antichi Gomeri pre-ispanici, secoli dopo la conquista delle Isole Canarie, è stata ampiamente documentata. 

    Nella vita quotidiana sono sopravvissute innumerevoli espressioni e lo stesso vale per le credenze. 

    L’ex sacerdote di Chipude, José Fernández Prieto, ne ha dato un resoconto rivelatore in una citazione. 

    Nel 1774, riferendosi ad Argodey, la fortezza di Chipude, scrisse che “vi si recano per eseguire esorcismi quando c’erano pestilenze e l’attuale sacerdote vi è stato cinque o sei volte, nella pianura si usa gettare capre e agnelli, c’erano molte case di gomeri, se ne trovano vestigia e ossa”.

    La continuità di questi riti, in questo caso trasformati dalle credenze cristiane, si riscontra anche nel cosiddetto Velorio de los Angelitos, un’usanza funebre commovente e toccante, profondamente radicata a La Gomera, che veniva eseguita quando moriva un bambino di età inferiore ai sette anni. 

    Tra le altre azioni che coinvolgevano danze, tamburi e chácaras, parenti, amici e vicini finivano per inviare “messaggi” ai loro cari defunti attraverso il bambino che doveva essere sepolto, mettendo sulla bara piccoli pezzi di carta con i loro messaggi, o fiori e nastri colorati, mentre descrivevano ad alta voce il messaggio che volevano trasmettere.

    Vicino a La Fortaleza si trovano La Vega Abajo e anche La Dama, luoghi in cui si annidava uno strano fenomeno che la gente del posto, da generazioni, interpreta come la manifestazione di un’anima in pena. 

    Si tratta di un hacho o luce popolare, un lumino di diversi colori che, con una forma prevalentemente sferica, si è avvicinato a molti testimoni. 

    Non sappiamo esattamente cosa si celi dietro questa stranezza, ma gli abitanti della Gomera hanno costruito diverse storie per spiegarla. 

    Una di queste racconta dell’arrivo di pirati sulla costa vicina, due dei quali seppelliscono il loro tesoro nell’entroterra. 

    L’avidità, la paura e la vendetta mettono fine alle loro vite, lasciando il tesoro perduto e le anime dei due bucanieri a custodirlo. 

    Non è l’unica luce. Intorno a Roque Cano si trova anche una simile luz de ánimas (luce delle anime).

    Un’altra espressione del patrimonio immateriale della Gomera che si ricollega al folklore e alle tradizioni magiche è rappresentata da Los Chorros de Epina, un’attrazione suggestiva per i visitatori dell’isola. 

    Situati a poca distanza dalla frazione di Epina, a Vallehermoso, sette getti d’acqua cristallina riuniscono ogni tipo di credenza, emulando la versione della potente carica magica che fin dall’antichità accompagna le sorgenti di tutto il pianeta. 

    Si dice che la loro acqua sia curativa, che siano un punto di incontro per le streghe, che alcune sorgenti benedicano l’amore, altre la prosperità e altre ancora la salute. 

    Quello che sembra chiaro è che, delle attuali sette sorgenti, gli uomini dovrebbero bere dai getti dispari e le donne da quelli pari; se si sbaglia, si può diventare streghe. 

    Spostandoci sull’isola ci imbattiamo in altre tradizioni, come la Cueva del Comegente, un toponimo recuperato dalla tradizione orale da José Perera López, che ricorda l’esistenza, tra El Cercado e Valle Gran Rey, di una specie di creatura, forse un gigante, che trascinava nella sua grotta le persone che catturava per cibarsene una volta ingrassate.

    Un’ultima rarità prende il nome di Filiichristi. 

    Si tratta di un gruppo di persone, artisti e intellettuali della prima metà del XX secolo, che ad Agulo ed Hermigua formavano una singolare congregazione cristiana, in cui praticavano ipnosi, meditazione e medianità, abbracciando ideali massonici e insegnamenti teosofici. 

    Questa curiosità storica ha un proprio museo ad Agulo.

    Bina Bianchini

     

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