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    L’ansia, facciamo pace con il futuro e impariamo a volerci bene

    Oggi vorrei parlare del disturbo ansioso generalizzato.

    In questi giorni di catastrofi annunciate in modo più o meno continuo, inutile dire, che vedo più pazienti del solito che presentano disturbi di tipo ansioso.

    Il disturbo ansioso generalizzato, è uno stato temporaneo che interviene in persone che non sono strutturalmente nevrotiche, ossia, uno stato psicologico con conseguenze fisiche anche importanti, che interviene sulla persona ma non è parte integrante del suo progetto genetico iniziale.

    Cosa significa questo?

    Significa che è una predisposizione o una reazione specifica ma non è priva di soluzione.

    Si manifesta come uno stato assai simile alla paura mista a insofferenza, e per quanto il paziente sia spesso cosciente del fatto che il modo in cui si sente non ha attinenza con la realtà, il suo stato di allarme, o di ipervigilanza come si chiama in medicina, si può impadronire tanto del suo corpo come della sua mente.

    E’ la paura di tutto e di niente che si esprime in un attanagliamento improvviso e di difficile gestione.

    Vi sono casi in cui addirittura può scatenare vomito, diarrea, tremolio, respirazione accelerata e può effettivamente essere un blocco insuperabile che impedisce di avere una vita serena e normale.


    In alcuni casi è collegabile con un semplice avviso del nostro subconscio che determina un “troppo pieno“ rispetto a una specifica situazione.

    Può riguardare una relazione, un lavoro, una dinamica traumatica legata a relazioni o occupazioni che ci hanno generato una pressione superiore a quella che possiamo tollerare.

    Nella maggioranza dei casi il trattamento psicologico ottiene eccellenti risultati per quanto non è serio affermare, né prudente credere, che sia risolutivo in maniera definitiva.

    Il paziente impara a gestire e controllare la particolare condizione in modo che può ridurre sia la frequenza che la violenza degli attacchi d’ansia.

    Come si lavora con un paziente ansioso?

    Fondamentalmente si insegna al paziente a guardare lo stato d’ansia dal di fuori.

    Si è soliti definire l’ansia come un eccesso di futuro e la depressione come un eccesso di passato.

    L’operazione che si tende a fare è focalizzare il paziente sul semplice svolgersi del presente, una unità di misura di tempo prima di interrogativi.

    Ciò che è reale è già lì.

    Si tratta di gestire il mestiere di vivere un passo alla volta, e, salvo casi eccezionali, il semplice fatto che di volta in volta il paziente si scopre capace di fare il lavoro di vivere, funziona in modo eccellente come antidoto alle ombre ingigantite di un futuro, che l’ansioso sempre disegna peggiore di ciò che potrebbe essere.

    Il trattamento farmacologico è un eccellente salvagente per bloccare in modo istantaneo i sintomi ma non va oltre l’orizzonte di arginare il problema.

    Nel caso delle benzodiazepine bisogna ricordare che se da un lato funzionano in modo istantaneo, dall’altro in caso di stati di ansia possono dare effetti collaterali

    Nel caso dei farmaci che trattano la depressione e l’ansia come un problema composito, si richiede molto più tempo, ma può essere complesso poi recuperare una normalità libera da farmaci per un insieme di dipendenza chimica e psichica dal salvagente farmacologico.

    In tutti i casi, è meglio non fare superficialmente ricorso ai farmaci perché la stragrande maggioranza degli stati di ansia, se di ansia generalizzata si tratta, è perfettamente possibile gestirla con l’aiuto di un buon psicologo.

    Dott. Alessandro Longobardi

     

     

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