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    Non escono solo dai muri…

    L’Arca del Mistero approda nei pressi della vicina isola della Gomera dando la possibilità di risalire i sentieri nascosti del Parco Nazionale di Garajonay, dove le favole e gli incubi si intrecciano tra tronchi avvolti di licheni e pietre che sembrano occhi.

    Si racconta tra i pochi anziani delle zone rurali, lontano dagli itinerari turistici, che un tempo – precisamente nel 1936 – un disertore della guerra civile si rifugiò nelle foreste fitte dell’altopiano gomero.
    L’uomo, del quale non è mai stato registrato il nome reale, divenne una figura sfuggente e leggendaria, un’ombra che sopravviveva rubando cibo e animali dai villaggi più isolati.
    Ma ciò che colpì maggiormente la memoria popolare fu la sua trasformazione.
    Dopo anni di vita solitaria, tra funghi selvatici e radici tossiche, l’uomo iniziò a perdere contatto con la realtà.
    Fu avvistato coperto di pelli animali, con corna legate al cranio e un mantello fatto di foglie e ossa.
    Ma non era solo il suo aspetto a inquietare: i racconti parlano di movimenti innaturali, suoni gutturali e una velocità inumana nel fuggire quando avvistato.
    Alcuni sostenevano che l’uomo avesse fuso il proprio spirito con quello del cervo atlantico, una creatura ormai estinta sull’isola, diventando una nuova entità: né uomo né bestia.
    Negli anni ’50, alcuni bambini affermarono di aver visto “un diavolo con le corna” al limitare della selva.
    Uno di loro riportò gravi traumi psicologici, e la famiglia lasciò l’isola poco dopo.
    Altri, invece, giurarono che l’essere apparisse solo in certe notti di luna piena, quando la nebbia saliva dalla valle di El Cedro e copriva ogni cosa con un velo irreale.
    Nel 1971 un botanico tedesco in esplorazione solitaria segnalò nel suo diario un incontro fugace con “una figura cervina, alta e bipede, che emetteva un suono profondo come un tamburo di pelle umana”.
    Il documento venne poi archiviato senza clamore, ma oggi è conservato presso l’Istituto di Scienze della Natura di Düsseldorf, etichettato come halluzinatorische Begegnung? – “incontro allucinatorio?”
    Alcuni studiosi locali considerano la leggenda come un residuo mitico di culti animisti guanche, rielaborato inconsciamente dalla collettività in forma mostruosa.
    Per altri, è il simbolo di un uomo divorato dalla solitudine e dalla foresta, che ha scelto di diventare altro pur di sopravvivere, come se Garajonay avesse il potere di plasmare l’identità.
    Ad oggi, alcune guide giurano di sentire rumori insoliti nei pressi del Roque de Agando, e resti di piccole offerte votive – pietre impilate, pelli secche, piume – continuano a comparire ai margini di alcuni sentieri secondari.
    L’Arca del Mistero oggi vi lascia con un invito a non ridere troppo in fretta di ciò che sembra folklore.
    In ogni leggenda c’è un seme di verità, e in ogni bosco profondo può celarsi un guardiano dimenticato.
    Che si tratti di suggestione o di realtà sfuggente, l’uomo-cervo del Garajonay continua a vivere, camminando silenzioso tra i muschi antichi… proprio dietro l’ultimo albero.
    Loris Scroffernecher

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