
Ci sono diverse teorie su chi possa essere stato il primo europeo a raggiungere la vetta del vulcano di Tenerife, anche se è probabile che prima dell’arrivo dei castigliani, ci siano stati dei Guanci che hanno raggiunto la vetta.
In assenza di documenti guanches, la storia inizia con un’incognita: gli aborigeni di Tenerife vivevano all’ombra del vulcano che chiamavano Echeyde e lo temevano come dimora di forze mitiche.
Poiché non conoscevano la scrittura in quanto tale (comunicavano per mezzo di petroglifi, graffiti o incisioni rupestri), non esistono documenti che confermino un’ascesa a 3.715 metri.
Ma Bencomo, Tinguaro o uno dei loro contemporanei potrebbero aver raggiunto la vetta?
È possibile, ma non ci sono prove.
La prima affermazione esplicita proviene dall’esterno.
Nel 1566, il marinaio inglese George Fenner gettò l’ancora al largo di Santa Cruz e scrisse che “nessuno era mai salito in cima”.
Questa frase riflette la percezione europea dell’epoca: El Teide era ancora ‘vergine’ a metà del XVI secolo.
Poco dopo, compare il nome di Thomas Nichols.
Mercante inglese, visse a Tenerife tra il 1557 e il 1560 e pubblicò una descrizione dettagliata della vetta a Londra nel 1583: parlò della caldera, della cenere vulcanica, della pietra pomice e della neve permanente intorno alla cima.
La sua conoscenza è così dettagliata che molti storici deducono che l’abbia scalata.
Ma Nichols stesso non racconta mai l’ascesa passo dopo passo. Esiste un resoconto scientifico, non una confessione della vetta.
Da lì emerge la figura più spesso ripetuta nelle guide e nei portali turistici: Sir Edmund (o R. E.) Scory.
La tradizione lo colloca a La Laguna e gli attribuisce la ‘prima ascensione’ nel 1582.
Il problema è che il diario o la lettera che lo certifica non sono stati conservati.
Le informazioni sono ripetute, sì, ma provengono da citazioni secondarie e dalla tradizione orale.
Scory entra quindi nella storia come “il primo” secondo la consuetudine, non secondo gli archivi.
La prima ascensione con prove solide proviene da due ingegneri italiani inviati da Filippo II per mappare le Isole Canarie: Leonardo Torriani e Prospero Casola.
Tra il 1587 e il 1588 descrivono una salita di 24 ore a cavallo e di due ore a piedi, con un tratto finale “di pietra pomice senza sentieri”.
Il manoscritto di Torriani esiste, è conservato e descrive il viaggio in modo dettagliato.
Per questo motivo, la maggior parte degli autori la considera la prima ascensione documentata in modo affidabile.
In un frammento riprodotto da studiosi e siti web popolari, Casola racconta:“… arrivammo ai piedi della montagna, che chiamano le Estancias… dormimmo quella notte sotto il cielo, molto freddo e ventoso”.
La frase rivela che non c’erano rifugi o tende e che il tempo notturno era molto avverso.
Da lì hanno dovuto camminare su un pendio di terreno sciolto, costretti a usare mani e piedi per evitare di scivolare.
Oggi, questo percorso è simile all’itinerario che parte dalla Montaña Blanca e raggiunge il cratere (sentiero n. 10 del Parco Nazionale), ma questa coincidenza è un’illazione moderna: nel XVI secolo non esistevano percorsi preparati, né Casola descrisse questo percorso esatto.
Torriani e Casola hanno descritto la zona superiore come un deserto minerale: cenere, pomice e quasi nessuna vegetazione.
Al di sotto di questa sezione, indicano una “zona fredda, coperta di neve tutto l’anno”, il che corrisponde alla presenza storica di nevai e cumuli di neve permanenti intorno al cratere in quel periodo climaticamente più freddo.
Casola non spiega in dettaglio gli strumenti utilizzati per l’ascesa.
Sappiamo che misurò altezze e distanze per i suoi progetti, quindi è ragionevole supporre che portasse con sé quadranti, astrolabi o catene di misurazione, strumenti comuni tra gli ingegneri del Rinascimento.
Né il Parco Nazionale del Teide né il Cabildo di Tenerife pubblicano un elenco definitivo dei “primi ascensionisti”.
Nella loro pubblicità citano raramente Torriani e, a volte, Scory, ma senza pronunciarsi in modo definitivo.
Finché non apparirà un manoscritto dimenticato, il Teide continuerà a mantenere il suo enigma: il dubbio su chi lo abbia incoronato per primo.
Oggi, in termini di prove documentali, gli allori spettano agli ingegneri italiani che incoronarono la montagna al servizio della Corona.
Bina Bianchini

