
Molti italiani che scelgono di trasferirsi alle Isole Canarie lo fanno attratti da un mix seducente di fattori: il clima mite che regna tutto l’anno, la natura vulcanica affascinante, le lunghe spiagge, un costo della vita che, sebbene oggi non sia più così vantaggioso come un tempo, resta competitivo in alcune voci rispetto all’Italia, e un regime fiscale considerato favorevole — anche se sempre meno incisivo — soprattutto per pensionati e piccoli imprenditori.
Questa immagine idilliaca, spesso alimentata da blog, video e testimonianze ottimistiche, è però solo una faccia della medaglia.
Una volta stabilitisi sull’arcipelago, molti connazionali si scontrano con una realtà più sfaccettata, dove non mancano ostacoli, delusioni e sfide, in particolare sul fronte dell’integrazione nella cultura locale.
Secondo stime ufficiali, gli italiani residenti alle Canarie oscillano tra i 40.000 e i 60.000, se si considerano anche coloro che non risultano iscritti all’AIRE.
L’Istituto Canario di Statistica (ISTAC) registrava circa 43.390 residenti al 1° gennaio 2024, mentre fonti locali parlano addirittura di oltre 60.000 connazionali tra Tenerife e Gran Canaria.
Diversi italiani testimoniano una certa difficoltà nel sentirsi davvero parte della cultura canaria.
Le barriere linguistiche sono solo l’inizio: questa difficoltà è particolarmente evidente tra le persone di una certa età, come i pensionati, spesso poco inclini ad apprendere lo spagnolo, nonostante la sua relativa facilità per un madrelingua italiano.
Questa reticenza linguistica limita ulteriormente le possibilità di integrazione reale con la comunità locale.
Eppure, spesso queste stesse persone finiscono per chiedere aiuto a connazionali più integrati per essere accompagnate dal medico, in banca o negli uffici pubblici, ogni volta che è necessario un supporto linguistico.
Questo comportamento rivela una chiusura mentale, tipica di una parte della popolazione italiana più anziana, che resta ancorata alla propria lingua e abitudini anche quando vivere meglio richiederebbe uno sforzo di apertura e adattamento.
Ma anche chi parla spagnolo fluentemente può percepire un diverso modo di pensare, di relazionarsi e di vivere il tempo.
I canari, sono molto legati alla loro identità insulare e al proprio stile di vita rilassato, non sempre sono aperti a integrare nuove conoscenze in modo profondo e duraturo.
Questa distanza culturale si traduce spesso in un senso di isolamento, alimentando la sensazione di essere degli “eterni ospiti” e non dei cittadini pienamente integrati.
È innegabile che la presenza di una comunità italiana così numerosa offra conforto e punti di riferimento, specialmente nelle prime fasi del trasferimento.
Ristoranti italiani, gruppi Facebook, negozi di prodotti tricolori e consulenti connazionali sono ovunque.
Tuttavia, proprio questa abbondanza di risorse “italiane” può diventare un’arma a doppio taglio: molti si ritrovano a vivere in una sorta di microcosmo italiano, frequentando solo connazionali e parlando quasi esclusivamente in italiano.
Questo riduce drasticamente le occasioni di entrare in contatto autentico con la cultura e la società canaria, favorendo dinamiche di autoesclusione involontaria.
È un fenomeno osservato anche in altre mete di emigrazione, ma che alle Canarie sembra particolarmente marcato.

Il turismo rappresenta, di fatto, la spina dorsale dell’economia delle Canarie.
Di conseguenza, molti italiani trovano impiego in settori come la ristorazione, l’animazione turistica, l’intermediazione immobiliare e i servizi legati all’accoglienza.
Tuttavia, il rovescio della medaglia è che in questi settori la competizione è alta, i salari sono bassi e le condizioni lavorative precarie.
Inoltre, accedere a impieghi in ambiti più qualificati o lontani dal turismo si rivela complesso: vi è una preferenza per i lavoratori locali, spesso legata a vincoli linguistici, culturali o normativi.
Per molti italiani con competenze specialistiche, il mercato canario può risultare chiuso o poco dinamico.
Nonostante il tanto decantato regime fiscale vantaggioso delle Canarie (grazie alla ZEC, Zona Especial Canaria, e alla bassa IVA locale), avviare un’attività imprenditoriale non è sempre un’impresa agevole.
Molti imprenditori italiani denunciano una burocrazia farraginosa, con tempi lunghi, pratiche confuse e spesso diversi passaggi da affrontare presso uffici differenti.
Le differenze procedurali tra le isole, la necessità di contare su consulenti locali affidabili e la difficoltà di orientarsi nelle normative spagnole e canarie possono rappresentare un ostacolo importante, in grado di scoraggiare anche i più motivati.
Una delle difficoltà meno visibili ma più sentite dagli italiani che si stabiliscono alle Canarie riguarda la vita sociale.
Se da un lato i canari sono generalmente amichevoli e accoglienti, dall’altro instaurare relazioni autentiche e durature richiede tempo, pazienza e impegno.
In assenza di contesti lavorativi misti o di ambienti condivisi, le interazioni rischiano di rimanere superficiali.
Questo, unito alla tendenza a gravitare attorno alla comunità italiana, può portare a una forma di isolamento culturale difficile da rompere.
Il risultato è che molti expat, anche dopo anni di permanenza, si sentono integrati solo a metà.
Trasferirsi alle Canarie può rappresentare una scelta di vita felice, rilassata e sostenibile per molti italiani, ma è fondamentale approcciare questo cambiamento con consapevolezza, preparazione e spirito critico.
Le opportunità esistono, ma sono riservate a chi arriva con strumenti adeguati e una forte capacità di adattamento.
Il mito del “paradiso fiscale” dove tutto è facile e alla portata di chiunque è ormai superato: oggi le Canarie non regalano nulla a chi si presenta impreparato o con l’idea di vivere di rendita.
Chi arriva con l’atteggiamento di “venire alla conquista della prateria” si scontra presto con una realtà complessa, fatta di burocrazia, lentezze amministrative, competizione lavorativa e difficoltà culturali.
Solo chi è davvero disposto a confrontarsi con la cultura locale, a imparare la lingua, ad accettare tempi e logiche differenti, potrà costruire un percorso autentico di integrazione e benessere.
In caso contrario, il rischio è quello di restare in una sorta di limbo identitario e sociale: né pienamente italiani, né completamente canari, incastrati in una narrazione che non corrisponde alla realtà quotidiana dell’arcipelago.
Di Italiano alle Canarie

