Questo mese vorrei analizzare con maggiore profondità un nodo cruciale per il presente e il futuro della sicurezza nelle Isole Canarie: il rapporto tra criminalità e presenza effettiva delle forze dell’ordine pubbliche e private.
Un equilibrio sottile che, quando si incrina, rivela dinamiche complesse e spesso sottovalutate.
L’arcipelago vive una duplice realtà: da un lato la narrazione di un paradiso sicuro e ospitale, dall’altro l’evidenza di una criminalità in crescita costante, soprattutto nei reati contro il patrimonio e nelle frodi digitali.
Il vero problema, però, non è tanto la quantità dei reati quanto la relazione tra la loro diffusione e la risposta delle forze preposte alla prevenzione e al controllo.
Più che il numero assoluto di agenti, ciò che sembra determinante è la loro distribuzione territoriale, la loro specializzazione e la capacità di coordinamento con altri attori del sistema sicurezza.
Nelle zone con alta concentrazione turistica — come Costa Adeje, Maspalomas, Puerto Rico, Puerto de la Cruz — l’aumento dei reati coincide spesso con una presenza intermittente delle forze pubbliche.
Turnazioni rigide, carenza di rinforzi stagionali e dispersione dei mezzi incidono sulla reattività del sistema.
A ciò si aggiunge un elemento meno visibile ma altrettanto cruciale: la percezione di impunità da parte dei malintenzionati.
Dove manca un controllo visibile e continuo, aumenta la convinzione che il rischio di essere colti in flagrante sia minimo.
Ed è qui che la presenza della sicurezza privata dovrebbe diventare un complemento strategico.
Il problema è che anche il settore privato soffre di fragilità strutturali.
Molti vigilanti operano con mezzi limitati, stipendi modesti e una formazione non sempre aggiornata.
Eppure, quando ben integrati nei piani territoriali, dimostrano un’efficacia sorprendente.
Alcuni centri commerciali dell’arcipelago, ad esempio, hanno ridotto drasticamente gli episodi di furto grazie a un lavoro sinergico tra vigilanza, telecamere intelligenti e polizia locale.
È la prova che il vero deterrente non è solo la presenza, ma la qualità dell’azione e la sua visibilità.
Un’altra connessione interessante emerge analizzando il tessuto sociale: nelle aree dove i cittadini si sentono parte attiva della sicurezza — con reti di quartiere, collaborazioni con i municipi o semplice attenzione diffusa — la criminalità tende a rallentare.
Dove invece il controllo è delegato in modo passivo, anche l’efficacia delle forze dell’ordine, per quanto numericamente adeguata, si disperde.
La sicurezza non è un servizio esterno, è un ecosistema in equilibrio.
Le Canarie hanno bisogno, più che di nuovi numeri, di strategie intelligenti: presidio mirato, formazione continua, sinergie tra pubblico e privato, ma anche coinvolgimento del cittadino.
Solo così si potrà rispondere a un fenomeno criminale sempre più fluido e adattabile, in grado di muoversi tra le pieghe di un sistema che, se non si evolve, rischia di perdere la sua credibilità.
La sicurezza è un linguaggio: e come ogni lingua, va parlata in modo coordinato, chiaro e coerente.

