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    La vita sottomarina si fa strada nelle nuove fajanas di La Palma

    Foto da ilovetheworld.es

    Su un pianeta che ha ben 4,5 miliardi di anni, il paesaggio e l’ecosistema sottomarino creato dall’eruzione della Tajogaite ha meno di quattro anni. 

    Eppure la vita si sta già facendo strada sotto l’oceano. 

    La società di produzione audiovisiva I Love The World, che si è immersa al largo delle due nuove fajanas o delta lavici, lo mostra con fotografie impressionanti.

    La Piattaforma Oceanica delle Isole Canarie (PLOCAN) sta studiando l’evoluzione dei delta di lava formatisi in seguito all’eruzione del vulcano Tajogaite nel 2021, e a tale scopo la società di produzione I Love The World ha prodotto 1.500 impressionanti immagini subacquee e aeree.

    Questo viaggio in fondo al mare è stato commissionato dalla Piattaforma Oceanica delle Isole Canarie (PLOCAN), un ente pubblico creato dai governi delle Canarie e della Spagna, nell’ambito del progetto Delta, che mira a studiare l’evoluzione di questo nuovo ecosistema, sia terrestre che sottomarino, emerso dove prima c’era solo il mare e che costituisce anche un laboratorio naturale per documentare come la vita rinasce da zero.

    “Stiamo conducendo tutti i tipi di studi su questo ambiente marino: biodiversità, struttura geologica, emissioni di gas… perché si tratta di un patrimonio naturale che rappresenta un nuovo valore per l’isola, di cui può beneficiare anche l’economia di La Palma”.

    “Il vulcano è stato una disgrazia” per tutti i danni materiali che ha causato, “anche se non sarà la prima o l’ultima volta in un arcipelago vulcanico”.

    E’ necessario monitorare questo gioiello naturale che sono le nuove fajanas, dove la natura aspra delle rocce vulcaniche è sottoposta alla forza delle onde e al loro stesso processo di assestamento.

    Ed è qui che entrano in gioco le straordinarie foto di I Love The World, che mostrano come la fauna stia conquistando questo nuovo habitat, in mezzo a formazioni geologiche impressionanti, come illustrato nelle immagini che accompagnano questo reportage.


    Alfonso Escalero, già noto a La Palma per il suo aiuto altruistico alle persone colpite dal vulcano, è stato incaricato di questa spedizione, insieme ad Alejandro Gil Roldán, e hanno contato su un team di specialisti in diversi settori dell’imaging e dell’esplorazione.

    Tra questi ci sono il fotografo subacqueo Francis Pérez, vincitore del World Press Photo e collaboratore regolare di National Geographic, e il videografo subacqueo Juan Raya, noto per il suo talento nel catturare la bellezza degli oceani, tra gli altri.

    Il team comprende anche esperti di immagini aeree, operatori di droni, tecnici di esplorazione delle profondità marine che utilizzano ROV in grado di scendere fino a 200 metri di profondità e narratori visivi.

    Hanno scattato 1.500 fotografie, sia aeree che subacquee, utilizzando droni adattati a ciascuno di questi mezzi.

    “Per noi, che abbiamo documentato questa catastrofe fin dall’inizio e siamo stati al fianco delle persone colpite, vedere come la vita si sta riprendendo sul fondo marino è una scarica di adrenalina, e in un certo senso è una metafora di ciò che vorremmo accadesse alla popolazione colpita: che prima o poi possano recuperare i loro progetti di vita su questa meravigliosa isola che ha sofferto così tanto a causa di questa catastrofe”, dice Escalero.

    Sulla situazione attuale di questi nuovi fondali, il direttore di PLOCAN spiega che sono state trovate aree in cui la vita si è ripresa più rapidamente di quanto si pensasse in precedenza, con molte specie che già abitano questo ambiente.

    Ma sono state rilevate anche altre aree ancora prive di vegetazione, “il che ci dà l’idea che le condizioni lì non sono ancora adatte alla vita”, a causa delle emissioni di CO che acidificano l’acqua.

    Tuttavia, aggiunge, questi luoghi sono anche “piccoli laboratori, piccole finestre nel tempo, per studiare ciò che accadrà tra 50 o 100 anni sul pianeta se aumenterà il CO nell’ambiente marino di tutto il mondo”.

    Ad esempio, i gusci degli organismi marini, che sono costituiti da carbonato di calcio, non si svilupperanno in questo ambiente corrosivo, anche se altre specie si adatteranno meglio.

    Sulla terraferma, in particolare a Tazacorte, PLOCAN sta iniziando a costruire un laboratorio di 200 metri quadrati che consentirà agli scienziati di svolgere le loro ricerche.

    Inoltre, esiste uno studio di fattibilità per creare un centro di innovazione nel porto di questo Comune che, secondo le parole di José Joaquín Hernández, “darebbe impulso alla blue economy, con attività che decarbonizzerebbero le operazioni portuali e ne attirerebbero altre legate alla sperimentazione di veicoli senza pilota, agli sport nautici e alle attività ricreative” legate al mare.

    Alberto Moroni

     

     

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