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    Canarie: l’affitto è ormai un privilegio 

    Oggi per vivere alle Canarie servirebbero stipendi di almeno 2.500–2.600 euro al mese – una vera utopia.

    Alle Canarie il divario fra ciò che si guadagna e ciò che si dovrebbe guadagnare per vivere dignitosamente non è solo un dato statistico: è il segno tangibile di un sistema che si è inceppato.

    Questo divario ormai sfiora i mille euro al mese, una voragine che racconta più di qualsiasi slogan istituzionale.

    La distanza fra vita reale e narrazione ufficiale è diventata talmente ampia da rendere impossibile una quotidianità serena.

    L’Arcipelago non sta semplicemente attraversando una fase difficile: è scivolato in un modello che, così com’è, non può durare.

    Un sistema che non regge più

    Secondo i dati di ODESOCAN, il quadro non lascia spazio a interpretazioni accomodanti: il costo degli affitti nelle Canarie è esploso del 91,9% negli ultimi quindici anni, mentre i salari, inchiodati da un’economia che premia il low cost più che il valore del lavoro, sono cresciuti appena del 28,5%.

    Il risultato è una delle fratture più profonde fra redditi e prezzo della casa in tutta la Spagna, con l’Arcipelago stabilmente sul podio della precarietà strutturale, subito dopo Comunità Valenciana e Catalogna.


    Nota: ODESOCAN è l’Osservatorio dei Diritti Sociali delle Canarie, un ente che analizza e pubblica studi su povertà, disuguaglianze, accesso alla casa e condizioni socio-economiche dell’Arcipelago.

    Per ODESOCAN, ma ormai questo è una convinzione diffusa, avere un lavoro non significa più essere al sicuro.

    Infatti nelle Canarie il lavoro è spesso sinonimo di sopravvivenza, non di stabilità.

    Il mercato degli affitti corre incontrollato, mentre gli stipendi arrancano, creando una pressione costante e corrosiva sulle famiglie.

    Questo è il segno di un modello economico che chiede sempre di più e restituisce sempre meno e che non basta più per garantirsi una casa.

    Un divario salariale di 900 euro

    Il salario mediano nelle Canarie è di 1.672,49 euro, mentre l’affitto medio di una casa di 70 metri quadrati raggiunge i 994 euro al mese.

    Ciò significa che i residenti devono destinare circa il 59% del proprio stipendio all’affitto, superando di gran lunga la soglia raccomandata dagli organismi internazionali, fissata tra il 30% e il 35%.

    Nota sul significato di salario mediano: il salario mediano rappresenta il valore esattamente al centro della distribuzione dei redditi.

    Ciò significa che il 50% delle persone guadagna più di quella cifra e l’altro 50% guadagna meno.

    Non va confuso con il salario medio, che può essere falsato da pochi stipendi molto alti.

    In altre parole, se il salario mediano nelle Canarie è di 1.672 euro, ciò indica che metà dei lavoratori percepisce meno di questa cifra.

    Ecco perché, come si dice, non è tutt’oro quello che luccica.

    Secondo le stime di ODESOCAN, se gli stipendi fossero cresciuti allo stesso ritmo degli affitti dal 2010, il salario mediano dovrebbe attestarsi sui 2.542,25 euro.

    In tal caso, il peso dell’affitto scenderebbe al 39,1%, un livello più sostenibile ma comunque elevato.

    Prezzi simili, redditi molto diversi

    Le Canarie presentano prezzi di affitto ormai degni di regioni ad alta produttività come i Paesi Baschi: 15,1 euro al metro quadrato contro 14,9.

    La somiglianza dei numeri, però, si ferma qui.

    Perché mentre nel nord si guadagna come in un Paese europeo avanzato, nelle Canarie si continua a vivere con redditi da periferia economica.

    Il divario non è solo statistico: è la misura di una disuguaglianza strutturale che inchioda l’Arcipelago in una posizione subalterna.

    La differenza reale si trova nei redditi disponibili.

    I canari guadagnano in media 20.069 euro all’anno, mentre un lavoratore basco ne percepisce 30.283.

    Con affitti simili, i salari nelle Canarie risultano inferiori di circa il 50-60%.

    Una dinamica simile si osserva anche in Navarra: affitti più economici rispetto alle Canarie, ma stipendi superiori del 37,3%.

    Più ore lavorate, ma stipendi fermi

    Il rapporto segnala inoltre un altro aspetto quasi sempre ignorato: le donne canarie continuano a pagare il prezzo più alto.

    Guadagnano meno, lavorano spesso con contratti precari e sostengono un doppio carico lavorativo (casa e impiego) che nessuna riforma affronta davvero.

    Questa è la fotografia dura ma reale dell’economia canaria che si regge anche su un esercito silenzioso di lavoratrici sottopagate.

    La differenza salariale con gli uomini è dell’8,9% e oltre una donna su cinque lavora con contratti temporanei.

    Pur essendo la seconda comunità con il maggior numero di ore effettive lavorate nel settore dei servizi —124,6 ore mensili in media—, questo non si traduce in retribuzioni più alte.

    Si stima che 473.267 persone nelle Isole siano attualmente a rischio di non riuscire a sostenere le spese per l’alloggio e i servizi essenziali.

    Un equilibrio insostenibile

    Tra il 2010 e il 2025 i salari nelle Canarie sono cresciuti del 28,57%.

    L’incremento del 28,57% può sembrare incoraggiante finché non lo si confronta con l’aumento degli affitti, che nello stesso periodo sono saliti del 91,9%.

    È una sproporzione che annulla ogni ottimismo di facciata e conferma quanto l’Arcipelago sia lontano da un modello economico sostenibile.

    Nessuna comunità autonoma spagnola ha registrato una crescita salariale superiore all’aumento degli affitti.

    Per ristabilire un equilibrio sostenibile —ossia destinare tra il 30% e il 40% dello stipendio all’affitto—, il salario mediano nelle Canarie dovrebbe aggirarsi attorno ai 2.500 euro mensili.

    Fino a quando non si verificherà questo adeguamento, le Canarie continueranno a essere una delle regioni dove mantenere un affitto rappresenta un impegno economico eccessivo, in particolare per donne, giovani e famiglie con redditi inferiori alla media.

    Un quadro desolante

    Osservando questi dati emerge una realtà semplice e scomoda: per vivere in modo davvero dignitoso nelle Canarie oggi servirebbero stipendi di almeno 2.500–2.600 euro al mese, cifre lontanissime dagli attuali livelli retributivi.

    La distanza tra ciò che si guadagna e ciò che si paga per un tetto sopra la testa è diventata talmente ampia da trasformare l’Arcipelago in un territorio sospeso, dove la vita quotidiana è sempre più cara e gli stipendi restano fermi.

    Il risultato è un circolo vizioso che non accenna a spezzarsi: affitti che crescono come in una grande capitale europea e salari che rimangono bloccati a livello di economia periferica.

    Chi arriva qui pensando che «con gli stipendi canari si vive bene» scopre rapidamente l’abbaglio.

    L’immagine da cartolina, infatti, non coincide con il reddito reale delle famiglie.

    E finché non cambieranno le condizioni strutturali del mercato del lavoro e della casa, l’Arcipelago rischia di restare inchiodato a un modello che non permette a molti dei suoi stessi residenti di vivere serenamente, né di guardare al futuro con sicurezza.

    Italiano alle Canarie

     

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