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    La costa nord di Tenerife, affascinante e dimenticata

    Foto di Luca Bertagnon

    Nel mio peregrinare tra spiagge più note e calette segrete, tra tratti di sentiero costiero che spesso si interrompono senza una precisa ragione, per girare i video del mio canale YouTube Camminare Tenerife, ho notato una distonia che non smette di sorprendermi: quella tra la bellezza assoluta dei luoghi e l’abbandono in cui troppo spesso versano.

    Il nord di Tenerife è un piccolo scrigno di paesaggi mozzafiato, un mosaico di rocce vulcaniche che si tuffano nell’oceano formando ricami preziosi, scogliere verticali che impongono rispetto e silenzio, e charcos — le pozze naturali di acqua marina — che regalano momenti di pace e immersione nella natura.

    Ma accanto a questa meraviglia, a questa potenza estetica e geologica, si manifesta un lato oscuro: spiagge chiuse, accessi interdetti, aree lasciate al degrado e sentieri che si interrompono improvvisamente senza un motivo apparente, quasi a scoraggiare l’esplorazione.

    Foto di Luca Bertagnon

    Chi conosce la costa settentrionale dell’isola sa che non ha nulla da invidiare al sud in termini di fascino. Anzi, qui la natura è più selvaggia, più autentica, meno addomesticata dal turismo di massa.

    Le spiagge del nord non sono lunghe distese di sabbia dorata come quelle di Las Américas o Los Cristianos, ma piccole baie scure, di sabbia nera finissima o di ciottoli levigati, incastonate tra pareti di basalto e bananeti, dove l’oceano arriva impetuoso e la schiuma si infrange con forza.

    Foto di Luca Bertagnon

    Spiagge come El Bollullo, Los Patos, El Ancón nella Valle de La Orotava, o El Socorro a Los Realejos, sono luoghi che rapiscono per la loro atmosfera.

    Ma quante di esse, pur essendo amatissime dai residenti e dai viaggiatori più curiosi, restano difficilmente accessibili o addirittura interdette?

    Gli esempi concreti purtroppo abbondano. A Buenavista del Norte la Playa de La Arena, uno dei gioielli della costa, versa in totale abbandono e i charcos non ricevono alcuna cura.

    A Los Silos le piscine municipali restano chiuse e il litorale appare completamente trascurato. A Garachico il Mirador de Emigrante è sbarrato, mentre il litorale del Guincho sembra dimenticato dalle istituzioni.


    Foto di Luca Bertagnon

    A El Tanque colpisce il caso del Mirador de Los Lavaderos, ristrutturato con spese milionarie ma mai pienamente fruibile, con una caffetteria che non ha mai aperto i battenti.

    Proseguendo verso est, Icod de los Vinos mostra un litorale in stato di abbandono e la Playa San Marcos, pur essendo una delle poche spiagge cittadine, versa in condizioni che molti definirebbero deplorevoli.

    A La Guancha la Playa de Santo Domingo è chiusa da anni, con strade di accesso in condizioni precarie.

    A San Juan de la Rambla il mirador di Mazapé è chiuso da tempo e l’intero litorale appare desolato.

    Foto di Luca Bertagnon

    A Los Realejos, la Playa de El Socorro, molto frequentata, necessiterebbe di una ristrutturazione urgente; il chiringuito è chiuso da anni e la vicina Playa de Los Roques è sbarrata e abbandonata.

    Anche La Orotava soffre di un abbandono pressoché totale del proprio litorale, con strade di accesso dissestate e la meravigliosa spiaggia di Los Patos di nuovo chiusa da mesi.

    La Matanza e El Sauzal vedono i loro tratti di costa trascurati e difficili da raggiungere, mentre a Tacoronte le piscine naturali del Pris e quelle di Mesa del Mar sono lasciate senza interventi di riqualificazione.

    Questo elenco, che potrebbe continuare, restituisce l’immagine di un patrimonio naturalistico straordinario ma scarsamente valorizzato.

    Passeggiando lungo i sentieri che conducono a questi lidi, ci si accorge subito di quanto sia frequente trovare cancelli chiusi, frane non messe in sicurezza, cartelli che vietano il passaggio.

    A volte si ha l’impressione che i percorsi vengano lasciati al loro destino, come se la natura dovesse da sola decidere chi potrà accedervi.

    Foto di Luca Bertagnon

    Eppure, questi angoli nascosti rappresentano un patrimonio unico.

    Non solo per l’estetica e l’esperienza sensoriale che regalano, ma anche per l’opportunità di educare i visitatori a un rapporto più consapevole con l’ambiente.

    Basterebbe poco: manutenzione costante dei sentieri, segnaletica chiara, messa in sicurezza dei tratti pericolosi.

    Così si potrebbe trasformare questa parte dell’isola in un laboratorio di turismo sostenibile, lontano dalle folle e dalle costruzioni invadenti che caratterizzano altre zone.

    Invece, chi esplora il nord si trova spesso immerso in un silenzio quasi irreale.

    Non solo quello naturale, meraviglioso, del vento e delle onde, ma anche quello di luoghi dimenticati dalle istituzioni.

    C’è una sensazione di solitudine che può affascinare ma anche intristire: spiagge chiuse da anni, accessi franati mai ripristinati, scalinate che si sgretolano sotto la salsedine.

    Viene allora da chiedersi: si tratta di semplice incuria o di una scelta precisa?

    Si vuole davvero che il turismo di massa resti concentrato al sud, mentre il nord rimane per pochi, quasi protetto dalla difficoltà di accesso?

    Forse è un bene che esistano ancora luoghi difficili da raggiungere, perché questo ne preserva il fascino selvaggio.

    Ma è giusto che tanti angoli di paradiso restino inaccessibili o abbandonati, privando i residenti e i visitatori di un’esperienza che potrebbe essere straordinaria?

    E che sia davvero così, che si voglia deliberatamente canalizzare il turismo di massa al sud?

    di Luca Bertagnon

     

     

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