
Arona vive una contraddizione quotidiana: annuncia grandi opere di mobilità mentre il suo porto, strangolato nel centro urbano, sopporta un traffico merci in continua crescita.
L’arrivo del nuovo sviluppo urbanistico di Los Cristianos El Mojón e l’eterna promessa di Fonsalía alimentano un dibattito che non è più tecnico, ma politico e giuridico.
Il comune meridionale di Arona è un miraggio di progresso.
Da un lato, si susseguono annunci di sotterranei, rotatorie e accessi che promettono di essere la panacea.
Dall’altro, la realtà dei suoi ingorghi rimane immutata.
Al centro di questo problema c’è il porto di Los Cristianos, la principale via di approvvigionamento per La Gomera, La Palma ed El Hierro, attraverso il quale transitano ogni anno centinaia di migliaia di tonnellate di merci che sono costrette a farsi strada attraverso lo stesso tessuto urbano dei turisti e dei residenti.
Questa tensione è aggravata dall’arrivo di El Mojón, una nuova città nella città.
Non si tratta di una semplice espansione urbanistica.
Questo magnifico progetto porterà 12.000 residenti stagionali e 3.000 posti letto in hotel, aggiungendo tra i 14.000 e i 18.000 spostamenti giornalieri a una rete stradale che già oggi è congestionata.

In cambio, la cessione di quasi 200.000 m² per strutture pubbliche (scuole, parchi, centri culturali e sociali) è senza precedenti sull’isola e mira a colmare le carenze storiche di Los Cristianos.
Ma questo patto urbano è nato con una condizione fondamentale: che il traffico pesante del porto smettesse di soffocare le strade.
El Mojón è stato progettato per integrare le esigenze e fornire servizi.
Il tassello mancante in questo puzzle ha un nome: Fonsalía.
Più di un quarto di secolo fa, con un ampio consenso politico, questo porto è stato progettato a Guía de Isora come sostituto naturale di Los Cristianos.
La coerenza di questo piano era tale che le acque di Los Cristianos sono state protette come Zona di Conservazione Speciale (ZEC) della Rete Natura 2000, escludendo espressamente da tale protezione l’area di Fonsalía.
Il messaggio, per decenni, è stato chiaro e inequivocabile: Los Cristianos si sarebbe dedicata alla città e al turismo; Fonsalía, al traffico interinsulare di passeggeri e, soprattutto, alla logistica pesante.
Residenti e imprenditori hanno investito e pianificato le loro vite confidando in questo “contratto” implicito con le amministrazioni.
Mentre l’alternativa dorme il sonno dei giusti, la pressione continua a crescere.
Il volume di merci tra le isole aumenta tra il 5% e l’8% all’anno.
In appena quindici anni sarà raddoppiato, sfiorando il milione di tonnellate.
Nessun tunnel o rotatoria, da soli, potranno smaltire un volume simile se camion e turisti continueranno a condividere la carreggiata.
I lavori in corso sull’avenida Chayofita, sulla rotatoria Juan Carlos I o sulla TF-655 sono necessari, ma sono solo soluzioni temporanee ed estremamente costose.
Il problema è strutturale: mancano accessi indipendenti per il carico.
La prima misura di buon senso sarebbe quella di separare e deviare immediatamente il traffico pesante dal porto e dalle nuove strade migliorate di Los Cristianos
Qui, la discussione va oltre l’aspetto tecnico per addentrarsi nel campo politico e giuridico.
Per anni, le istituzioni hanno pianificato e investito denaro pubblico sulla base di tre premesse: proteggere Los Cristianos, realizzare un porto alternativo fuori dal centro urbano e utilizzare El Mojón come leva per le infrastrutture, lo sviluppo e il benessere.
Ora si sta tornando indietro su questa strada senza motivi validi, violando un principio costituzionale: la certezza del diritto e il legittimo affidamento (art. 9.3 CE).
Si aprirebbe la porta a cause contro il governo delle Canarie, il Cabildo e l’Autorità Portuale per “incoerenza nella pianificazione”.
Le richieste di risarcimento per responsabilità patrimoniale (art. 106.2 CE e Legge 40/2015) non sarebbero astratte: includerebbero gli investimenti realizzati nell’ambito del piano, il lucro cessante per opportunità frustrate e i danni emergenti per i residenti e le imprese.
Il vero dibattito, quindi, non riguarda rotatorie o tunnel.
La domanda a cui Arona deve rispondere è: che città vuole essere?
Una città che sfrutta El Mojón per migliorare la qualità della vita, le attrezzature e il verde, con la logistica segregata?
O una città rassegnata a normalizzare altri quindici anni di collasso, rumore ed emissioni?
La risposta è scomoda, ma chiara.
Senza un’alternativa portuale efficace e senza accessi esclusivi per le merci, Los Cristianos è condannata a ripetere il suo modello di caos, ma su scala molto più ampia.
E allora non si parlerà più di collassi, ma si normalizzerà un caos economico, sociale e ambientale cronico.
Reverón Villalba
(tradotto)

