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    Quo Vadis Tenerife?

    L’isola di Tenerife dà l’impressione di essere un duty free, dove turisti in transito prendono quello che possono in immagini, in ricordi immateriali, in souvenir fisici.

    Il Cabildo stesso sembrerebbe agire come promotore turistico dell’isola, basta dare uno sguardo alle numerosissime pubblicità e alla propaganda a marchio Cabildo che si diffonde in ogni dove: dalla spiaggia, dal monte, dall’hotel dalla festa tipica, da una cittadina in concreto.

    Di contro la sensazione che le risorse non bastano: la strade sono intasate dal traffico, i servizi lenti e l’isola sembra sfuggire al controllo dei canari.

    La reazione a questa sensazione è un’avversione al turismo di massa.

    È questo sentimento una prova d’odio o un malessere che sfocia in qualcosa di esagerato e mal interpretato?

    Il panorama che ci si presenta è dei più confusi, non si riesce a capire se il problema sia l’accesso al Teide, la massificazione, la maleducazione di chi si muove nel Parco, i mezzi non ecologici che parcheggiano nel parco, le strade che portano al Parco, i sentieri del Parco, il calpestio del cavallo sul sottobosco, la presenza dell’uomo o del turista, un intorno di hotel, edificazioni ovunque.

    Il caos.

    Dalle macchine alle moto ai quad all’abbigliamento consono o no alle altitudini, alle nazionalità con le proprie abitudini, ai permessi estesi senza confini, alle chiusure, insomma viviamo in un’isola vulcanica dove perennemente il Teide è chiamato monte e dove tutto sembra un parco divertimenti.


    Torna prepotentemente di attualità un’avvertenza vecchia di vent’anni che invocava una coscienza naturale e rispetto per ogni forma di vita pena il paradiso distrutto.

    L’uomo deve smettere di ritenere ogni forma di vita “come materiale a suo servizio”.

    Così concludeva, in una cerimonia ad honorem, il suo discorso Telesforo Bravo.

    Sono passati vent’anni da quell’intervento critico e nessuno pare lo abbia ascoltato negli anni, però si è opportunamente ricordato ora. 

    Ora che la situazione è insostenibile anche per i più distratti, ora che il serpente è entrato nella catena alimentare della natura tinerfegna, alterandola evidentemente, ora che secoli di unicità sono minacciati dalla filossera che distrusse i vitigni autoctoni europei costringendo a riparare con l’innesto della vite americana e ora che improvvisamente nessuno trova spazio per camminare dalle strade dei sentieri del Teide alle strade dell’autopista.

    Ora che nessuno può negare l’evidenza e accusare la Fondazione Telesforo Bravo di esagerare nelle sue dimostranze.

    “Tenerife è un territorio limitato ed il peso non regge”, annuncia immediatamente di primo acchito Jaime Coello, responsabile e direttore scientifico della Fondazione Telesforo Bravo Exposito &Juan Coello Armenta.

    Lo abbiamo contattato non solo perché figlio di Juan Coello e nipote di Telesforo Bravo, cognomi che sono un marchio indelebile impresso nel medioambiente canario, un destino di vita; contattato non solo perché è del nonno il discorso che rimbomba alla memoria sulla difesa della vita naturale, ma contattato anche perché preoccupati per alcune dichiarazioni fatte.

    Durante un’intervista radiofonica una sua frase dava a credere che fosse degli italiani la colpa esclusiva, in quanto italiani, del deterioro ambientale nel Teide per l’utilizzo dei quad.

    Per non lasciare passare il messaggio che la Fondazione odia gli italiani, che gestiscono le imprese di affitto quad e tour in quad, abbiamo deciso di incontrarci per un chiarimento e siccome la polemica è facile, consideriamo doveroso dissipare dubbi e dare la chiave del problema, affinché tutti noi che viviamo su questa isola conosciamo bene che cosa pretendere e cosa esigere. 

    Non era assolutamente sua intenzione rimarcare l’origine, la nazionalità dei gestori delle aziende di quad nell’isola, sono in effetti inglesi e tedesche oltre che italiane, le imprese dedite ai tour in quad e all’affitto dei quad e non era sua intenzione presentare una comunità, come quella italiana la più vicina alla spagnola per affinità e cultura condivisa, come dedita alla distruzione dell’isola.

    E siamo anche fortunati che abbia accettato l’invito, perché Jaime è restio ad intervenire a mezzo stampa, centellina le apparizioni.

    Riteniamo però importante non solo chiarire ma dissipare tutta la serie di dubbi che come una nube circonda la difesa del medioambiente.

    Chiariamo subito che Jaime è inviso a molte istituzioni, chiariamo subito che il suo discorso, il discorso della Fondazione, abbraccia a 360 gradi tutte le problematiche di difesa medioambientali che possano esistere: dalle pietre impilate una sull’altra del Puerto de la Cruz, al progetto Cuna del Alma passando per la massificazione del Teide e la crisi abitativa.

    Chiariamo subito che le volte che lo abbiamo ascoltato rivendica giustizia per la natura offesa in tutti i campi, tutto insieme, per tutti i mali del mondo e tutto in una unica volta.

    Occorre fare chiarezza.

    L’intenzione è quella di snocciolare punto per punto i settori che destano preoccupazione e prima di iniziare l’intervista, che si convertirà in una lunga conversazione poi, facciamo un rapido elenco: il Teide, le spiagge, gli scarichi, il prug, la filossera, la culebra americana, le infezioni, l’urbanismo sfrenato e subito ci si rende conto che non si può separare un argomento dall’altro: è una catena.

    Il filo conduttore è l’inefficacia, la superficialità, l’approssimazione e la corruzione nei posti di comando per cui la politica locale, di forma lapidaria sostiene Jaime, non sta difendendo, ma sta vendendo Canaria intera.

    L’impressione del duty free appare sempre più pertinente e quella del paradiso depredato anche.

    “Questa benedizione climatica è allo stesso tempo una condanna se si continua ad occupare la terra e si continua a deteriorare la qualità di vita” diceva Telesforo Bravo e dava anche la soluzione:  Occorre vigilare, che non significa impedire ma non lasciar fare senza pensare alle conseguenze.

    Giacché “negli ultimi 50 anni l’intenso processo di urbanizzazione nelle zone della mediania e della costa di Tenerife e Gran Canaria ha trasformato per decreto municipale i paesaggi rurali in urbani”.

    Si vive in una contraddizione che, se da un lato appoggia il turista, dall’altro vuole impedirgli l’accesso ai servizi promessi; se da un lato salvaguarda l’ambiente dalla massificazione dall’altro autorizza espropriazioni e costruzioni, se da un lato inneggia alla particolarità dell’isola dall’altro approva il cemento sui giacimenti archeologici.

    Una contraddizione che accompagna anche i movimenti sociali e ambientalisti a volte superficialmente liquidati come ignoranti e aggressivi, nemici del turista.

    Una di queste associazioni, probabilmente la più importante, di fatti è una fondazione, è quella che porta il nome degli ambientalisti scientifici che hanno dedicato la vita al Teide: Fondazione Telesforo Bravo Exposito & Juan Coello Armenta

    Che cosa chiedete in definitiva, da 20 anni?

    “Rispetto consapevolezza e conoscenza” questo esigiamo.

    Sembrerebbe che gli amministratori pubblici non abbiano un programma di gestione consapevole del patrimonio naturale dell’isola.

    Sembrerebbe che non ci sia il rispetto alla forme di vita, non si capisce che distruggere una sola specie di pianta significa arrecare un danno irreversibile alla natura da cui tutti dipendiamo, non si intende bene e definitivamente che le risorse di questa isola hanno un limite e l’isola stessa non può reggere sovraccarichi.

    Questi sovraccarichi sono il  turismo di massa, l’aumento di popolazione, l’antropizzazione di zone prima di oggi escluse all’urbanizzazione?

    Cos’è?

    Da che cosa parte il disagio?

    Tutte le rivendicazioni si mescolano in un caotico messaggio di difesa mediambientale.

    Quale che sia il punto di vista sul futuro di Tenerife c’è confusione e concetti mischiati tra loro che impediscono d’identificare una chiara soluzione: se il Teide è massificato la colpa è delle case vacanza?

    Occorre mettere ordine per capire cosa si rivendica e perché ancora a distanza di anni dalle riunioni sul PRUG, non ancora approvato, non si sa che prospettiva di sviluppo difesa e progettualità la politica ha sul Parco.

    “La capacità di reggere e sopportare il numero di presenze nel Parco è strettamente connesso al numero ed efficacia dei servizi; c’è un’intenzione di richiamare quanta più popolazione turistica possibile senza riuscire poi a gestirne i numeri.

    Non ci difendono ci vendono.

    A venderci è il Cabildo stesso con le sue numerose autorizzazioni senza criterio.

    Caos con le guide dei sentieri, caos con i quad che deviano dai sentieri consentiti arrecando danni alla natura; impossibilità di gestire i flussi di presenze nel parco stesso.

    Macchine parcheggiate ovunque, pietre erose non per l’azione degli agenti atmosferici ma per l’intervento umano: per una foto, per un real per una pubblicità.

    Quando iniziammo a parlare del problema con dati e video testimonianze, la risposta che i politici ci hanno dato è stata: “il crescente numero di turisti e popolazione ci ha colti di sorpresa”.

    Come si può credere che i numeri del turismo possano cogliere di sorpresa un arcipelago che ha vocazione turistica? 

    Dobbiamo credere che non esiste una pianificazione dell’ordinamento del territorio, dello sviluppo e dell’attività turistica dell’isola?

    ”O ci hanno mentito o sono incapaci.

    O ci credono stupidi.

    Quello che sicuramente si dimostra è che non c’è un piano o un protocollo di attuazione che tenga come obiettivo la difesa del medioambiente, il paradiso che caratterizza Tenerife, e neanche c’è la volontà di farlo.

    È tornato alla memoria il discorso di tuo nonno, in queste ultime settimane, sull’avvertenza di un incontrollato disordine anticipazione di un qualunque disastro naturalistico.

    Che sta succedendo a Tenerife, se nulla è cambiato in vent’anni dove sta andando ora Tenerife?

    Cos’è che da oltre vent’anni si sa e non si fa?

    A parte ignorare un programma statistico di evoluzione di flussi turistici?

    ”Cosa impossibile da credere, sarebbe estremamente grave che un governo sia colto di sorpresa per il numero di ospiti nell’isola e per il numero di presenza nel Parco patrimonio mondiale dell’UNESCO.

    Sarebbe o improvvisazione politica o totale inefficienza politica.

    Nella peggiore delle ipotesi sarebbe un inganno totale, come se la gente non dovesse conoscere la realtà.

    Una deliberata intenzione di gestire nell’ombra e senza nessuna continuità programmatica.

    E difatti questo è ciò di cui ci lamentiamo.

    Nessuno sa quale sia l’attuale piano di gestione, perché quello attuale è stato approvato nel 2002 ed i leader politici si rifiutano di approvarne uno nuovo.

    I quad sono un ostacolo, quindi le licenze per la guida su strade sterrate vengono revocate, ma non si fa nulla per prevenire i disagi che causano quando si guida sulle strade del Parco o in altre aree naturali, così come il problema del sovraffollamento che causano ai punti panoramici.

    Le licenze vengono sospese, i permessi vengono revocati ed il traffico deviato verso aree gestite dalle amministrazioni locali, che non hanno i mezzi per controllare questa attività.

    Quali attività poi?

    Nessuno lo sa perché queste attività non sono monitorate.

    È come mettere un cerotto su una grande ferita.

    Non c’è volontà di pensare, ragionare, programmare.

    Considera che i politici attuali siano incompetenti?

    I politici sono il riflesso della società, se una percentuale alta di popolazione non è sensibile alla protezione dell’ambiente naturale in cui vive, nessun partito politico avrà la sensibilità necessaria per comprendere le esigenze dell’isola e non si avrà pertanto una gestione rispettosa dell’ambiente naturale di Tenerife.

    Ci stiamo dirigendo verso un’alienazione, un individualismo estremo e le persone sostengono le proprie rivendicazioni all’interno del gruppo di appartenenza (atleti, cacciatori, apicoltori ecc.).

    Ma viene a mancare la rivendicazione cittadina, che si nutre di quella del singolo cittadino, che oggi è disinformato, ignorante e che di fronte al dilemma tra la difesa degli interessi privati e quelli generali, confonde l’uno con l’altro. 

    Come se la difesa del Teide, non fosse nell’interesse di tutti, ma solo nell’interesse delle associazioni ambientaliste.

    Come se il Teide stesso non fosse un valore universale, Patrimonio dell’Unesco, e spettasse a tutti noi preservarlo e garantirne la conservazione.

    Non si tratta di vantarsi con i tour operator, come fanno il Cabildo di Tenerife e alcuni leader aziendali.

    Tutti dobbiamo contribuire a preservare un valore universale. 

    I turisti generalmente lo rispettano se viene detto loro cosa cercare.

    Tutto sembrerebbe indicare che non c’è una volontà politica di miglioramento.

    Cabildo e Governo sembrano impreparati di fronte alle sfide della globalizzazione.

    Non siamo contrari alla globalizzazione, denunciamo la mancanza di un piano e la conseguente superficialità  governativa nella gestione ad esempio del Parco Nazionale del Teide.

    Il modello di mobilità di Teno, basato sul trasporto pubblico, non è pubblicizzato o lo è scarsamente, e si vantano di ciò che fanno a Masca, dove l’accesso è possibile con un’auto a noleggio, con la conseguente congestione di strade e villaggi.

    Cabildo e Governo si rifiutano di informare i turisti sulle normative vigenti nelle aree naturali protette, cosa che la Fondazione cerca di fare da anni in collaborazione con i tour operator.

    Perché temono che i turisti smettano di venire sull’isola.

    Assumono personale, finanziano progetti, ma poi il sussidio si esaurisce, vengono implementati a metà e nessuno sa quale sarà il loro futuro.

    Nessuno presta attenzione al messaggio che viene diffuso, così abbiamo il caso del tedesco che vive in una baracca fatta di palletts, costruita su un terreno agricolo che non gli appartiene.

    Gli sembra possibile e normale, ma non lo è.

    Qui ci sono le leggi proprio come nel suo Paese d’origine.

    Servono rispetto e regole.

    Forse si teme che queste regole diventino divieti perenni e che alla popolazione venga negato l’accesso a spazi che i Canari hanno sempre ritenuto propri?

    C’è sicuramente una grave mancanza di comunicazione.

    In precedenza le persone non visitavano le aree che ora sono off-limits.

    La vegetazione si è ripresa grazie al divieto di pascolo e di accesso ai cavalli, con la dichiarazione del Parco Nazionale nel 1954.

    È falso affermare che la vegetazione fosse migliore quando c’erano le capre, e questo può essere dimostrato con fotografie di repertorio.

    Nessuno pensa e riflette sul fatto che il Parco è un insieme di natura.

    Non è la somma degli interessi  particolari o privati.

    Non si può spremere una risorsa fino al suo esaurimento.

    Una volta finita è finita.

    La sfida è come si difende qualcosa che per tutti è un bene e di cui tutti  beneficiamo.

    Non si sa quale sia la priorità per il Cabildo, tutto si improvvisa, è come se si navigasse a vista, sorge un problema perché qualcuno lo ha denunciato e allora si interviene, ma questo è una toppa, non è attuare con programmazione. E non si vede in prospettiva nessuna volontà di cambio.

    Eppure nei discorsi politici, negli ultimi mesi, i discorsi, che hanno accompagnato le linee programmatiche di partiti nelle loro convocatorie congressuali e le linee governative future, si insiste molto sulla difesa del nostro, così peculiare così particolare e che sta scomparendo.

    La Fondazione ha la percezione che alle parole “difendiamo ciò che è nostro, il Teide è nostro patrimonio, la natura è nostra identità, Canaria è nostra terra” ci sia una svolta programmatica ora?

    No. Non sembra esserci nessuna volontà di difesa: è entrata nel nostro ecosistema la culebra, si poteva evitare?

    Ovviamente.

    È entrata la filossera da secoli inesistente.

    Qualcosa non funziona e non c’è nessuno che assume la responsabilità di questi errori.

    Canaria ha l’istituto di malattie tropicali e parassitologia che svolge oltre alla sua normale attività elettiva nell’università, azione di vigilanza entomologica in aeroporti e porti.

    C’è stata una lacuna?

    Non so.

    In ogni caso il controllo degli insetti vettori di malattie non è lo stesso di quello di altri parassiti, che possono colpire l’agricoltura, o di animali che possono diventare una minaccia per le specie e gli ecosistemi locali.

    In questo senso è chiaro che abbiamo abbassato la guardia; le difese sono inesistenti.

    I politici blaterano su come le isole siano un hotspot di biodiversità e non fanno nulla per proteggerle dalle sue minacce.

    Ci sono territori che possiamo usare come riferimento, come l’Australia e la Nuova Zelanda, dove i controlli nei porti e negli aeroporti sono molto severi.

    I confini delle Isole Canarie sono un colabrodo.

    Inoltre, quando un ecosistema è degradato o distrutto, non esiste un piano di recupero.

    Qui non si recupera nulla.

    Non ci sono vie di mezzo.

    O un campo viene utilizzato per lo sfruttamento agricolo o per l’edilizia.

    Tutto il terreno abbandonato viene utilizzato per l’edilizia.

    Non possiamo costruire su ogni centimetro di terra.

    In questo modo non potremmo aspirare a vivere delle nostre risorse e, distruggendo il nostro patrimonio naturale, saremmo più poveri.

    Le isole Canarie importano il 90% del cibo consumato qui e, se ci fosse una crisi di approviggionamento internazionale, non avremmo nulla da mangiare.

    Queste sono le cose importanti di cui i nostri leader non si preoccupano.

    Le piantagioni di banane sopravvivono  grazie ai sussidi; non esiste un piano di ripristino ambientale, nessun piano B se l’Unione Europea smette di concederli.

    L’unica alternativa che i politici vedono è sempre l’urbanizzazione.

    I terreni rurali non sono protetti; le politiche attuate qui ci rendono dipendenti perché così è come vogliono che siamo.

    Ecco perché non investono abbastanza nell’istruzione, perché una popolazione non istruita è una popolazione facilmente manipolabile.

    Dipendiamo dai sussidi e dai risultati turistici soddisfacenti degli investitori.

    Come dice il naturalista Joaquin Araújo, il turismo è un’attività molto perversa perché dipende dal successo degli altri.

    In altre parole siamo in balia della volontà e del profitto.    

    Quello che salta agli occhi ed è immediatamente evidente è che non esiste un imprenditore canario che gestisce attività industriali, è come se il canario fosse per natura dipendente.

    Vogliono che siamo dipendenti, non c’è cultura imprenditoriale.

    Il mercato del lavoro è orientato esclusivamente al turismo, e questa attività ti mette in una posizione di dipendenza dagli altri.

    Non solo dagli interessi, ma dalla percentuale di soddisfazione che ricevono dall’investimento turistico a Tenerife.

    Se non basta, prendono i loro capitali e se ne vanno altrove.

    Le strutture alberghiere passano di mano in mano mentre perdono qualità e i prezzi continuano a scendere.

    Esistiamo come “destinazione turistica”  finché è redditizio continuare a investire.

    Un’altissima percentuale, oltre il 60%, della spesa generata dai turisti rimane nel paese di origine degli investitori.

    Pertanto per noi, il turismo di massa non è redditizio perché distrugge il patrimonio naturale e genera povertà ed esclusione sociale.

    La dipendenza totale dal turismo significa garantire a chi lo sfrutta nelle isole Canarie profitti continui che saranno utilizzati, almeno in parte, per continuare a distruggere gli ecosistemi e la qualità di vita sull’isola.

    Qui non esiste il relax -è alta stagione tutto l’anno- né esiste lo “sviluppo” perché generato altrove, esiste solo promozione e attrazione.

    Non c’è controllo su nulla.

    È essenziale smettere di investire nella promozione turistica e nelle grandi infrastrutture come l’ampliamento dell’aeroporto e la costruzione di nuovi porti, e investire di più nell’istruzione e nello sviluppo umano. 

    Crede che ci sia paura nel chiedere una tassa al turista?

    La politica teme che il turista allontani il benessere da Tenerife, che dovendo pagare la tassa decida di evitare Tenerife?

    È una paura disinteressata o interessata?

    Il Cabildo è completamente allineato con l’industria del turismo, che governa.

    In questo senso, hanno paura perché temono le conseguenze se coloro che finanziano le loro campagne elettorali chiudono il rubinetto.

    Non c’è trasparenza.

    Il Cabildo ha approvato la tassa sul carburante per i residenti.

    Perché?

    Dov’è la logica?

    Questo è ciò che denuncia la Fondazione.

    Il centesimo forestale che i residenti devono pagare come se fossero colpevoli di qualcosa, come se non potendo esigerlo al turista, intoccabile, si esige al cittadino, che risiede qui, e viene sacrificato.

    Quale logica sostiene questo approccio politico?

    I turisti devono contribuire, ciò che offriamo mantenendo il Teide per tutti non è un regalo.

    È un beneficio per tutti gli abitanti del pianeta.

    I turisti condividono questo beneficio, del resto è anche per loro.

    Questo è forse l’aspetto positivo della globalizzazione: contribuire al patrimonio mondiale.

    Il Teide è un tesoro riconosciuto dall’UNESCO, quello che abbiamo nelle isole Canarie è patrimonio mondiale e non possiamo essere tassati per risiedere qui.

    Tutti i parchi nazionali del mondo fanno pagare i servizi che forniscono.

    Ci prendiamo cura del Teide, ne siamo i custodi, ma i turisti devono contribuire alla sua conservazione.

    Il nostro Parco Nazionale accoglie 5 milioni di turisti l’anno, il che lo rende il più visitato d’Europa, quindi un piccolo contributo da parte di ogni singolo individuo potrebbe finanziarne la gestione efficacemente. 

    Altrove contribuiamo senza obiezioni, perché trattiamo i siti patrimonio dell’umanità in Italia, ad esempio, o in qualsiasi altro luogo, come se fossero nostri.

    Perché in effetti lo sono.

    Abbiamo forse paura che i turisti smettano di venire?

    Non verranno se non hanno altro da vedere, e questo accadrà se la situazione del Parco Nazionale continuerà a peggiorare.

    La tassa di soggiorno è strettamente legata al reinvestimento nella manutenzione del patrimonio da conservare e nei servizi offerti.

    Un maggiore controllo nel Parco significa maggiori garanzie di trovare uno spazio naturale unico e distintivo, come Teno o Anaga.

    La realtà è che quando c’è stata la volontà, è stato stabilito un numero massimo di visitatori, nonché una tariffa per la fornitura di servizi in determinate aree naturali protette.

    Più di 10 anni fa, il Consiglio Insulare di Tenerife ha fatto lo stesso per il  “Barranco de l’infierno”, recentemente a Masca e nel massiccio del Teno.

    Si può e si deve fare, generando risorse economiche per la sua stessa conservazione.

    Le caratteristiche uniche di Tenerife sono lì e attraggono i visitatori.

    Devono solo essere protette.

    Se scompaiono, noi che siamo di qui non potremo più goderne e i turisti non verranno.

    Ciò che non possiamo mantenere è l’attuale modalità di accesso alle aree naturali basata sulle auto a noleggio, che sta creando gravi problemi ai residenti, intasando le strade e creando parcheggi abusivi che danneggiano la flora e la fauna, causando inoltre sovraffollamento.

    Come di fatti sta accadendo ad Anaga e sul Teide.

    Subito dobbiamo cambiare il modello economico delle isole Canarie basato sul turismo di massa.

    In realtà la necessità di modificarlo è stata discussa per 40 anni, ma nulla è stato fatto.

    Durante la pandemia si diceva che le isole Canarie non potessero permettersi un nuovo zero nel turismo e che fosse sconsiderato aver puntato tutto su un unico obiettivo.

    Avremmo potuto usare quel periodo per riorentare la nostra economia, ma la crisi è finita e ciò che è accaduto è che la nostra dipendenza dal turismo e la sua importanza come settore produttivo sono aumentate.

    Siamo consapevoli di essere un’istituzione scomoda, anche per il turismo che, anziché vederci come nemici dovrebbe beneficiare del nostro contributo.

    Offriamo i nostri servizi ai dipartimenti di promozione turistica delle pubbliche amministrazioni affinché possano trasmettere messaggi appropriati che promuovano il rispetto dei nostri valori naturali, ma hanno sempre rifiutato la nostra offerta di collaborazione.

    Ci vedono come avversari, piuttosto che come i collaboratori, con conoscenza diretta del territorio,  a cui rivolgersi.

    Ci vedono come quelli scomodi da tenere a bada.

    Di recente il Governo di Canaria ci ha chiamato a consultarci sul nulla, solo per informarci dei loro progetti, ci ha chiamato a venderci i loro presunti successi.

    Noi riteniamo che dovrebbero prima convocare una riunione con un ordine del giorno consensuale, in cui vengono presentati i problemi e si cercano poi soluzioni con l’aiuto qualificato.

    La conservazione del nostro patrimonio naturale non dovrebbe essere uno strumento di conflitto politico, ma una questione trasversale abbracciata da tutti gli attori economici e sociali delle Isole Canarie.

    Il rispetto per il nostro ambiente dovrebbe guidare ogni decisione presa sulla nostra isola e nel nostro arcipelago.

    Senza questa ampia base, il futuro della nostra natura, e di conseguenza, degli abitanti delle isole Canarie, è a rischio.

    La Fondazione, sembrerebbe che non riesca a diffondere, come vorrebbe, i messaggi, non arriva al grande pubblico.

    C’è molta resistenza o diffidenza verso di voi.

    Aumentare la visibilità permetterebbe al grande pubblico di conoscere la Fondazione direttamente, senza filtri ed evitare che tu, Coello, venga conosciuto solo per le dichiarazioni in ritagli di giornale o frasi estrapolate.

    Come fa la gente in generale a sapere del vostro lavoro?

    Su quali aree si concentra il vostro lavoro e quali attività svolgete per la tutela dell’ambiente?

    Infine dove siete, dove vi si può trovare?

    La Fondazione ha sede a Puerto de la Cruz e la sua sede ufficiale è nella Casa de Doña Chana a La Orotava, ceduta dal Comune; ma ci piacerebbe avere un edificio più grande e aprirlo al pubblico.

    Abbiamo materiale che vorremmo mettere a disposizione del pubblico per diffondere cultura e conoscenza.

    Disponiamo di un archivio molto vasto su relazioni scientifiche, geologia, gestione degli spazi naturali, acqua, un’importante collezione di rocce, un erbario, una collezione paleontologica e una collezione archeologica.

    Tra il materiale scientifico, disponiamo di una corrispondenza significativa: diari di campo e fotografie di ricerche all’estero, come quella condotta da Telesforo Bravo in Iran, documentazione che potrebbe essere di uso pubblico.

    Su queste isole, c’è bisogno che questo materiale, che proviene da archivi privati, non finisca in discarica o in un cassetto.

    Abbiamo bisogno di filantropi del settore privato che finanzino progetti per migliorare la società in cui vivono.

    Attualmente, i nostri finanziamenti provengono dai progetti che realizziamo e dai contributi finanziari dei collaboratori (24 euro all’anno).

    Non riceviamo alcun sussidio a nostro nome.

    Crediamo che tutti gli abitanti del mondo abbiano il diritto di sapere come si sono evoluti il ​​pianeta e l’Isola; la memoria della Terra e la memoria dell’Isola, in quanto patrimonio universale.

    Fortunatamente, tutti all’interno dell’istituzione si impegnano a valorizzarla adeguatamente e ci impegniamo a fondo per garantire che la società ne comprenda l’importanza.

    La fondazione ha un sito web http://fundaciontelesforobravo.com/ dove è possibile diventare soci, un profilo Instagram e un profilo Facebook.

    Potete contattarci all’indirizzo [email protected]

    Dopo le distrazioni e le superficialità su Tenerife teme per l’isola di La Palma?

    Sì.

    La Palma è la prossima isola che potrebbe cadere vittima della voracità e della speculazione che caratterizzano il turismo di massa.

    Sono già previsti due importanti progetti turistici nella parte orientale e occidentale dell’isola.

    Se le istituzioni di La Palma scoperchiassero il vaso di Pandora, l’isola perderebbe il suo attuale fascino e molte delle sue risorse naturali rischierebbero di scomparire, così come la qualità della vita dei suoi abitanti.

    Gli abitanti di La Palma dovrebbero chiedersi se questo è ciò che desiderano per sé e per i propri figli.

    “La situazione del medioambiente in Canaria è seria, ciò è dovuto al non controllo e al disordine delle attività umane nel limitato territorio delle Isole” Telesforo Bravo, discorso Premio Cesar Manrique, Lanzarote, 2005.

    Giovanna Lenti

     

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