
Spiagge affollate, tariffe record e tasse di soggiorno usate come tamponi per mascherare l’overtourism.
Dopo la pandemia, molti si attendevano un cambiamento nelle abitudini di viaggio: più consapevolezza, più attenzione all’ambiente, un ritmo più umano.
Invece, il turismo di massa è tornato più forte e sfrenato di prima, specialmente nelle mete già sovraffollate come le Isole Canarie, le grandi città d’arte europee, le capitali globali e i paradisi balneari.
La ripresa ha avuto toni e numeri che superano i livelli pre-Covid, con una fame di evasione che pare inarrestabile.
Le immagini degli aeroporti affollati, delle spiagge sature, dei centri storici trasformati in luna park a cielo aperto parlano chiaro: non è cambiato nulla, se non l’intensità del fenomeno.
La corsa alla vacanza a ogni costo
Una delle dinamiche più sorprendenti è l’apparente insensibilità dei viaggiatori alle difficoltà economiche.
Nonostante inflazione, aumento dei tassi e incertezze globali, milioni di persone sembrano disposte a prosciugare i propri risparmi pur di non rinunciare alla vacanza.
Si viaggia come se fosse l’ultima occasione, con un senso di urgenza e compulsività che ha radici profonde: il bisogno di evasione, di recuperare il tempo perduto durante il confinamento, di sentirsi vivi dopo anni di paure e restrizioni.
Alcuni sociologi parlano di “turismo terapeutico”, una forma di fuga emozionale che diventa priorità esistenziale.
L’atto stesso del partire ha assunto un valore simbolico, quasi catartico, che va ben oltre la semplice voglia di relax o svago.
Prezzi alle stelle e mercato senza freni
Il comparto turistico ha colto l’opportunità per massimizzare i profitti.
Le tariffe sono salite ovunque: voli più cari, hotel più costosi, ristoranti con listini gonfiati.
Anche i servizi accessori, dai noleggi auto agli ingressi nei luoghi d’interesse, hanno subito impennate.
Una dinamica che alimenta il sospetto di una speculazione diffusa, giustificata con l’aumento dei costi ma talvolta sproporzionata rispetto al servizio offerto.
La corsa al rialzo coinvolge anche le destinazioni tradizionalmente economiche, che ora si allineano ai prezzi delle capitali europee, sfruttando l’alta domanda e la minore capacità di scelta da parte del viaggiatore medio.
Il mito (smentito) del turismo sostenibile
Mai come negli ultimi anni si è parlato di turismo sostenibile.
Ma mentre gli slogan si moltiplicano, la realtà mostra un altro volto: nuove infrastrutture, aeroporti ampliati, porti allargati per accogliere più crociere, voli low-cost sempre più capillari.
Le Canarie, ad esempio, stanno vivendo un’espansione senza precedenti, con progetti edilizi, hotel e nuovi collegamenti che cozzano con ogni principio di equilibrio ambientale.
È davvero sostenibile un modello che cresce senza sosta e senza limiti?
Alla retorica green si affiancano pratiche che poco hanno a che vedere con la tutela del territorio.
La logica dell’espansione continua sembra ignorare i limiti fisici ed ecologici dei luoghi, promuovendo una crescita quantitativa che rischia di essere autodistruttiva.
Restrizioni e tasse sotto la maschera della sostenibilità
In alcune località iconiche, si iniziano a vedere accessi regolati e tariffe per i visitatori.
Dalla laguna di Venezia alle spiagge delle Baleari, l’ingresso a pagamento viene presentato come misura ecologica. Ma è difficile non vedere in tutto ciò una forma di monetizzazione del disagio, più che un reale tentativo di tutela.
Si paga per accedere a un luogo sovraffollato, senza che ciò migliori realmente la vivibilità o risolva il problema alla radice.
A questo si aggiungono le tasse di soggiorno, ormai diffuse in moltissime destinazioni turistiche, che seppur giustificate come contributo al mantenimento dei servizi locali, spesso finiscono per gravare ulteriormente sul visitatore medio senza un chiaro riscontro in termini di benefici.
Le barriere economiche diventano così un filtro sociale, escludendo i meno abbienti in nome di una pseudo-sostenibilità che serve più a regolare i flussi secondo logiche di mercato che a difendere i patrimoni naturali e culturali.
Un futuro che non regge più
Fino a quando può reggere un modello basato sull’incremento continuo di presenze, voli e strutture?
Le conseguenze ambientali, sociali e infrastrutturali iniziano a manifestarsi in modo evidente: inquinamento, carenza d’acqua, aumento dei rifiuti, gentrificazione e conflitti tra residenti e visitatori.
Il rischio è quello di compromettere irreversibilmente le stesse risorse che attraggono i turisti.
Alcune città stanno già dando segnali di saturazione: reti fognarie al collasso, trasporti pubblici al limite, ecosistemi messi sotto pressione.
Senza una pianificazione lungimirante, l’overtourism rischia di diventare un boomerang per l’intera filiera economica.
Verso un turismo per pochi privilegiati?
Alcuni segnali suggeriscono una direzione inquietante: il turismo di massa potrebbe cedere il passo a un turismo elitario, accessibile solo a chi può permettersi di pagare prezzi sempre più alti.
Una selezione naturale del viaggiatore, con destinazioni che diventano riserve di lusso e altri luoghi che si impoveriscono perdendo la propria identità.
Il settore potrebbe essere costretto a ridisegnarsi, con modelli più piccoli, più lenti, ma meno accessibili.
Si profilano scenari in cui viaggiare diventa un privilegio, e non più una libera scelta.
Mentre si moltiplicano le offerte esclusive per pochi, la massa resta confinata in circuiti low-cost sempre più compressi, con esperienze standardizzate e di bassa qualità.
Il conto alla rovescia è iniziato
Il turismo, così come lo conosciamo oggi, potrebbe avere i giorni contati, almeno nella sua forma attuale.
I territori non reggono più i flussi, le comunità si ribellano, la qualità dell’esperienza si degrada.
Serve un cambio di paradigma, prima che l’insostenibilità diventi collasso.
Ma ci vorrà coraggio politico, visione e una consapevolezza nuova da parte dei viaggiatori.
Ripensare il turismo non significa rinunciare a viaggiare, ma farlo in modo equo, consapevole e rispettoso.
Il tempo di agire è ora, prima che le destinazioni più amate diventino vittime del loro stesso successo.
Di Italiano alle Canarie

