Sembra evidente che, invece di applicare misure improvvisate, punitive e discriminatorie, i governi dovrebbero intensificare la lotta contro l’offerta illegale e porre un freno alla crescita degli affitti turistici.
Il settore turistico spagnolo assiste con fondata preoccupazione all’improvvisazione di misure inefficaci da parte di un numero crescente di responsabili pubblici per governare l’aumento dell’afflusso turistico.
Si moltiplicano le dichiarazioni e le normative varie, nella convinzione che queste possano placare il crescente malcontento dei residenti in alcune delle principali destinazioni e città turistiche del nostro Paese, a causa della congestione che subiscono in modo puntuale o permanente e che attribuiscono interamente al turismo.
È vero che l’attrattiva di queste destinazioni ha provocato un aumento della popolazione che gode dei suoi luoghi più emblematici.
Tuttavia, se vogliamo essere rigorosi, i dati ufficiali dell’INE riflettono che l’88% dell’aumento della popolazione dal 2019 è dovuto a un aumento del numero di residenti, mentre il maggior numero di turisti spiega il restante 12% di questa sensazione di saturazione.
Se è vero che c’è un superamento delle capacità ricettive, cosa sempre molto difficile da giustificare, il “sovraffollamento” delle strade e dei servizi pubblici, del traffico e dei trasporti, percepito dalla popolazione, in primo luogo non è dovuto principalmente al turismo e, in secondo luogo, richiede politiche di investimento che non sono state attuate negli ultimi anni.
Di fronte alla complessità delle ragioni, alcune amministrazioni (regionali, insulari o comunali) hanno reagito adottando misure semplicistiche, che non si basano su dati o diagnosi rigorose, ma sul facile ricorso a un “capro espiatorio”, in questo caso il turismo.
Senza dubbio il turismo è un’attività che incide su molti ambiti, certamente in modo più positivo che negativo, ma le esternalità da gestire non si risolvono rispondendo con “mantra”, come l’introduzione o l’aumento delle cosiddette “tasse turistiche ecologiche” (che raramente sono destinate a migliorare la sostenibilità del modello turistico) o l’eliminazione della promozione delle destinazioni.
Quando invece bisognerebbe gestirli in modo da attirare turisti che apportano valore, in stagioni più lunghe e meno congestionate e verso destinazioni più diversificate.
“Il numero di posti letto in alloggi turistici è aumentato del 25,3% tra il 2022 e il 2024 nei primi comuni turistici del Paese”.
Un buon esempio della loro inefficacia sono i casi delle Baleari o della Isole Canarie in Spagna.
In entrambi i territori, l’esperienza ha dimostrato che l’imposizione di queste tasse non riduce in modo significativo la domanda, tanto meno nelle alte stagioni, quando il problema del sovraffollamento turistico può essere più pressante.
Inoltre, non contribuiscono in modo significativo alla sostenibilità delle destinazioni, poiché tendono a finire per essere destinati alla spesa o agli investimenti delle amministrazioni, che non hanno nulla a che vedere con il turismo.
Ma l’inefficacia di queste misure non deve essere attribuita semplicemente all’opportunismo o all’improvvisazione, bensì all’assenza di un’analisi rigorosa che consenta di disporre di una diagnosi precisa per identificare le cause alla base dei problemi e delle sfide che colpiscono fondamentalmente le nostre destinazioni e le loro società, che in molti casi non sono attribuibili in modo preminente all’attività turistica.
Nel caso dell’aumento della pressione turistica, ad esempio, i dati dell’INE riflettono che, mentre il numero di posti letto in alloggi turistici è aumentato del 25,3% tra il 2022 e il 2024, nei primi comuni turistici del paese, quelli degli hotel sono cresciuti del 2% e quelli degli altri alloggi regolamentati dell’1,4% (agriturismi, campeggi, aparthotel).
È accettabile questa crescita smisurata da parte di una società e di destinazioni turistiche già sotto pressione a causa dei problemi abitativi e di convivenza, soprattutto quando si rileva un alto tasso di illegalità tra gli annunci di affitti turistici (il Ministero del Consumo lo stima in 65.000 annunci, che corrispondono a 250.000 posti turistici solo in Catalogna)?
Sembra evidente che invece di applicare misure improvvisate, punitive e discriminatorie, i governi dovrebbero intensificare la lotta contro l’offerta illegale, porre un freno alla crescita degli affitti turistici (che, secondo la Banca di Spagna, avrebbe sottratto al mercato degli affitti convenzionali fino al 50% delle abitazioni nelle Isole Baleari o nelle Canarie).
Franco Leonardi

