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    Flussi migratori, si riattiva la rotta delle Canarie

    I flussi migratori irregolari che interessano le isole Canarie, benché lontani in termini di numeri rispetto a quelli del 2006, si sono quadruplicati nel 2018, arrivando a 1.223 persone contro le 291 registrate nel corso del 2017.

    I dati, forniti dal Ministero degli Interni il 15 di novembre, riflettono una preoccupante riattivazione dei flussi migratori nell’Arcipelago che, come forse molti non sanno, possiede un solo punto di accoglienza e internamento a Hoya Fría, a Tenerife.

    Le previsioni del Ministro dell’Interno Fernando Grande-Marlaska, fatte durante una visita in Mauritania, confermano di fatto i dati che ogni 15 giorni il suo dipartimento rende pubblici.

    La situazione dei flussi migratori attuali e di quelli legati a particolari circostanze, come la chiusura di alcuni porti di attracco del Mediterraneo, è indice della presenza di organizzazioni che cercano continuamente delle nuove rotte, come quelle atlantiche, per destinare i flussi; e ora più che mai, come ha affermato Grande-Marlaska insieme al ministro mauritano Ahmed uld Abdala, il rimbalzo dei flussi migratori alle Canarie presenta già delle conseguenze.

    Non appare quindi strano che sia il Cabildo di Fuerteventura che quello di Lanzarote abbiano già dichiarato l’emergenza sanitaria per manifesta incapacità di gestire i minori che arrivano spesso senza la presenza di un genitore.

    Il CIE di Hoya Fría ha una capacità di sole 238 persone e già nel passato, nonostante tutti i posti non fossero occupati, si sono verificate tensioni e risse tra i migranti subsahariani e marocchini, che mal sopportano la convivenza obbligata.

    Il 16 luglio 2018 si è verificato un grave episodio di violenza e da quel giorno i conflitti si sono intensificati durante il mese di ottobre e di novembre; questo ha portato a rafforzare la sicurezza, garantita in passato da 4 agenti per turno, assegnando al centro un’unità di intervento di polizia (IPU) specializzato nella salvaguardia dei cittadini.

    L’IPU è composto da 6 agenti che però, è bene segnalarlo, non sono in servizio nei fine settimana o durante le festività.


    Una soluzione urgente alla gestione dei flussi migratori alle Canarie, suggerirebbe un portavoce della Confederación Española de Policía, potrebbe essere quella di individuare luoghi provvisori di accoglienza e monitoraggio a Tenerife, un po’ come è stato fatto per Ceuta, Melilla e alcune zone dell’Andalusia.

    Resta da aggiungere che, secondo il Ministro degli Interni, 47.711 persone irregolari sono arrivate nel 2018 in Spagna, rispetto alle 16.829 del 2017.

    E se si mettono in relazione i disordini accaduti al CIE di Tenerife con quelli verificatisi al CIE di Madrid e Murcia, è immediato rendersi conto che il Gobierno non ha ancora preso sul serio la gestione dei migranti, dimenticandosi della sicurezza e dell’integrità fisica dei cittadini e della polizia, avrebbe così puntualizzato il sindacato della Confederazione della polizia spagnola, che ha poi aggiunto che destinare squadre al CIE di Hoya Fría, ha significato lasciare senza agenti di polizia le strade di Santa Cruz.

    Qualcuno parla già di emergenza sociale nella capitale dell’isola e la Caritas riporta di circa 50 persone lasciate in strada dal CIE per mancanza di risorse, persone che ora si rifugiano nel Pancho Camurria o La Granja poiché non vi sono altre strutture in grado di accoglierle, persone lasciate letteralmente allo sbando.

    La Caritas ha già richiesto più volte di attivare gli spazi destinati a emergenze umanitarie gestite dalla Croce Rossa, senza ottenere alcun risultato.

    Nessun paese pare essere esente dal fenomeno dei clandestini, nemmeno le paradisiache Canarie, con i loro turisti, le belle navi da crociera e gli hotel di lusso; le ragioni di una mancanza di azione da parte del Gobierno, ha precisato Méndez, sembrano essere legate al fatto che la maggior parte delle persone che arrivano sulle isole sono provenienti dal Marocco, un paese con il quale esiste un accordo di rimborso in caso di deportazione.

    Ma alla sicurezza di cittadini e forze dell’ordine chi ci pensa?

    Bina Bianchini

     

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