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    Tenerife: la terrificante Tormenta de San Florencio del 1826

    (170909) — CAMAGUEY, Sept. 9, 2017 (Xinhua) — Palm trees struggle against strong wind at the Santa Lucia Beach in Camaguey of Cuba Sept. 8, 2017. Hurricane Irma continued to batter Cuba’s northeast coast on Friday with strong wind and waves. (Xinhua/Str) (da) (ce) ***BEST QUALITY AVAILABLE***

    Di eventi climatici rimasti nella storia e accaduti nell’Arcipelago ve ne sono tanti, ma di certo la Tormenta de San Florencio del 1826 è tra tutti il peggiore mai verificatosi, paragonabile solo al passaggio della tormenta tropicale Delta.

    La Tormenta de San Florencio fu una tempesta tropicale che si scatenò a Tenerife tra il 6 e il 9 novembre del 1826 e fu di una tale intensità che, dopo aver indagato sui danni e sulle perdite umane, alcuni esperti la catalogarono come ciclone tropicale.

    Ma è solo grazie al Beneficiado de la Iglesia de Realejo Alto, Don Antonio Santiago Barrios che ne descrisse il fenomeno, unitamente a Leopoldo Alvarez che salvò tutti i documenti dell’archivio storico della chiesa, che oggi è possibile sapere quasi con esattezza cosa accadde.

    Lo studio dell’evento è stato condotto sulla base dei metodi utilizzati nella climatologia storica e quindi su registrazioni scritte, danni causati, informazioni circa raccolti andati perduti, tutti dati qualitativi che hanno permesso di ricostruire le caratteristiche della tormenta.

    Le raffiche di vento furono più intense di quelle della Delta, con record di precipitazioni anche superiori ai 500 millimetri in alcune aree e a più di 100 sull’isola in generale nelle 24 ore.

    Solo a Tenerife furono 600 le case spazzate via e l’agricoltura perse il 30% del terreno, senza considerare l’impossibilità di conoscere con esattezza il numero dei capi di bestiame andati smarriti e i danni provocati alle montagne e alle infrastrutture.

    Dai documenti conservati nell’Archivio provinciale di Santa Cruz de Tenerife, l’Archivo Zárate Cólogan, si apprendono diversi dettagli importanti, come il fatto che nei barrancos di Puerto de la Cruz si concentrò così tanto materiale da provocare un ritiro del mare di 255 metri a est e di 206 a ovest.

    Nella Villa di La Orotava, dove si formò una ingente alluvione, nacquero 12 nuovi barrancos e innumerevoli anfratti, mentre il barranco che origina dalla montagna del Fraile passò da 49 a ben 413 metri di ampiezza.


    A San Juan de la Rambla quella che era una gola attraversata da un ponte di legno lungo 5 metri, si trasformò in un orrido largo 50 e profondo 42 metri, facendo ritirare il mare a 125 metri; un nuovo barranco si portò via la Ermita sradicandola dalle sue fondamenta di cemento e l’acqua invase il villaggio fino al secondo piano delle abitazioni.

    Con la Tormenta de San Florencio nella maggior parte delle città e in tutta la zona interessata, non rimase praticamente alcun albero in piedi, e se il lago di La Laguna recuperò i suoi antichi limiti di acqua, il Castillo de San Miguel fu sospinto fino al mare con tutta la sua fortezza, il barranco di Güímar arrivò a misurare 1,4 km di larghezza invasa da un impetuoso canale di melma e acqua e a Candelaria si perse per sempre la statua originale della Virgen.

    Tra coloro che fermarono su carta gli eventi della Tormenta de San Florencio, Don Antonio Santiago lasciò una sorta di diario già a partire dai giorni precedenti il disastro, annotando che il 3 e il 4 di novembre di quell’anno furono particolarmente torridi e caratterizzati da un forte vento proveniente dal nord.

    Il sesto giorno, un lunedì, l’alba risultò chiara e limpida ma dalle 11 in poi si cominciarono a vedere le nubi provenire dal mare, con grande sollievo di tutta la cittadinanza che aveva bisogno di risorse idriche.

    Fino alla sera non piovve, ma il cielo si oscurò sempre di più, scaricando una quantità di fulmini che terrorizzarono la popolazione; l’alba del 7 di novembre arrivò livida e buia, alle 8 iniziò finalmente a piovere ma con il passare delle ore quella che sembrava una pioggia gentile si trasformò in una vera e propria tormenta.

    Ciò che colpì maggiormente la popolazione, oltre ai fulmini e alla violenza dell’acqua, fu il boato, probabilmente provocato dal vento e dal moto impetuoso del mare, anche se molti, in seguito, suggerirono che la violenza delle precipitazioni poteva essere la prima responsabile di quel frastuono.

    Giorni di violenza inaudita, di acqua e vento senza tregua, di fiumi di fango e detriti per le strade, di tetti scoperchiati nella migliore delle ipotesi, e di case spazzate via letteralmente.

    Una battaglia naturale, dove l’uomo e tutto ciò che gli apparteneva si piegarono come fuscelli.

    Lo scompiglio fu grande, vi fu chi passò il tempo a pregare, chi a cercare di trovare un rifugio nel frastuono degli eventi e chi invece scomparve per sempre, trascinato dalla foga delle acque.

    E forte fu lo sgomento quando la Tormenta piano piano passò, lasciando spazio alla luce che, senza alcuna misericordia, illuminò ciò che restava di un’intera isola.

    di Ilaria Vitali

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