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    Le grandi donne della storia di Santa Cruz de Tenerife

    È stato in occasione della celebrazione della Giornata Internazionale della Donna che a Santa Cruz de Tenerife si sono ricordati i grandi personaggi femminili che hanno contribuito allo splendore della città, grandi donne il cui comportamento eroico ha determinato le sorti di un’intera popolazione in epoche cruciali per tutto l’Arcipelago.

    Come nella primavera del 1656, quando l’ammiraglio Robert Blake lasciò l’Inghilterra al comando di un potente reggimento, con la missione di impedire le comunicazioni marittime tra Spagna e America; cosciente che una flotta di due galeoni e nove navi mercantili provenienti da L’Avana, guidate dall’ammiraglio Diego de Egues Viamont, erano di guardia al porto di Santa Cruz, Blake di diresse deciso verso l’isola.

    Avvertiti dell’arrivo delle 33 navi britanniche da un veliero proveniente da Gran Canaria, i cittadini nascosero tutto l’argento a La Laguna, luogo dove misero al riparo gli anziani, le donne e i bambini.

    All’alba del 30 aprile, più di 12.000 uomini nei castelli, nelle fortificazioni e sulle mura difensive, accolsero con coraggio e grande determinazione gli inglesi, riuscendo a prevalere.

    Dopo 10 ore di intenso combattimento, la flotta britannica si ritirò, prendendo però a rimorchio le navi lasciare dagli spagnoli, credendo di trovarvi dei tesori.

    In quegli anni il castello principale di San Cristobal era abitato da Don Fernando Guerra de Ayala insieme alla sua sposa Hipólita Cibo Sopranis, che rifiutò di rifugiarsi nei luoghi più sicuri, convinta che all’interno della propria dimora sarebbe potuta essere d’aiuto.

    Hipólita non mancò infatti di collaborare con i soldati sotto il fuoco nemico, portando munizioni, acqua e cibo e confortando i feriti.

    Per questo comportamento eroico, Dona Hipólita meritò un posto tra le donne più coraggiose della storia, mentre il re Filippo IV concesse allo stemma ufficiale di Santa Cruz de Tenerife la prima testa di leone ottenuta dal blasone dell’armata britannica confitta.


    Un altro episodio da annoverare risale invece al 21 luglio 1797, giorno in cui il guardiano della torre di di Anaga avvistò una grande flotta britannica all’orizzonte, composta da 9 navi con ognuna 2000 uomini a bordo e guidate niente meno che dall’ammiraglio Nelson; la notizia destò un certo scompiglio e venne dato immediatamente l’allarme al castello principale di San Cristobal.

    Il comandante generale delle isole, Antonio Gutiérrez, che si trovava in quel periodo a Santa Cruz, ordinò il dispiegamento di tutte le unità militari esistenti, unitamente alle milizie di Garachico, La Orotava, La Laguna, Abona e Güímar, e dispose l’allontanamento in luoghi più sicuri di tutti gli anziani, i bambini e le donne, dove nascose documenti e oggetti preziosi.

    All’alba del 22 di luglio Nelson cercò di sfondare a Paso Alto, il punto chiave della difesa del porto, con l’intenzione di raggiungere il castello di San Cristobal, ma le manovre vennero scoperte da una contadina che, a piedi, stava attraversando lo stretto sentiero costiero di Valle de San Andrés per portare i propri prodotti al mercato della città.

    Resosi conto della minaccia, la donna accelerò il passo verso la porta del castello di Paso Alto dove, gridando con quanta voce aveva in corpo e gettando sassi dentro alle mura, riuscì ad allertare la guarnigione, contribuendo così in maniera determinante al fallimento della strategia di Nelson; gli inglesi infatti, accortisi che l’effetto sorpresa era ormai svanito, fecero marcia indietro.

    Alla donna, la cui identità rimase sconosciuta, la Tertulia Amigos del 25 di Luglio rese un modesto omaggio in onore al suo valore e al suo patriottismo, erigendo un cippo commemorativo nell’ala nord del castello di Paso Alto.

    Due giorni dopo il tentativo di Nelson, gli inglesi sbarcarono al Bufadero raggiungendo la montagna nota come Mesa del Ramonal, dove vennero respinti dalle forze spagnole dispiegate nella Altura de Paso Alto.

    I soldati spagnoli e di Tenerife, nascosti ormai da diversi giorni in questi luoghi, sopportando il sole, la fame ma soprattutto la sete, riuscirono a sopravvivere grazie a un gruppo di valorose aguadoras di Santa Cruz che, sfidando le ripide scarpate dell’Altura, portarono loro non solo l’acqua, ma tutti i viveri necessari.

    Le donne, scalze, cariche di ceste pesanti e sotto al sole inclemente dell’estate, dovettero marciare con estrema cautela per evitare il fuoco dei nemici; la loro occupazione di aguadores del resto era nota per lo sforzo fisico cui erano sottoposte, trasportando acqua dalle fonti di La Pila fino alla plaza de La Candelaria o nel barrio di El Cabo, per poco denaro.

    Dato il ruolo esercitato da queste umili donne nella società del tempo, la città di Santa Cruz nel 2000 ha dedicato loro una scultura di Medín Martín, installata vicino al Teatro Guimerá e analogamente la Tertulia Amigos del 25 luglio ha realizzato una pietra miliare all’entrata del Club Nautico.

    dalla Redazione

     

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